Cosa governa la politica internazionale? L'ipocrisia; anzi, l'utilizzo ipocrita di idee. Cos'è un terrorista? Assad, Hezbollah, i pasdaran e le milizie irachene che da tre anni devastano la Siria sono terroristi, appare chiaro a tutti: si comportano da terroristi, sono intrisi di fondamentalismo e, fondamentalmente, sono sanguinari assassini (cosa che dovrebbe renderli, al di la di qualsiasi concettualizzazione tecnica, dei terroristi). Perché l'America, portavoce della libertà, della democrazia, dei diritti umani (le "grandi" conquiste del nostro mondo occidentale) non è mai neanche intervenuta con un intervento mirato (ammesso che sia la soluzione) per contrastarli attivamente? Semplice, l'ISIS è un'organizzazione terroristica, mentre un'accurata campagna stampa globale ha convinto il mondo che Hezbollah, Assad e pasdaran no, non lo sono. è questa l'Ipocrisia della politica internazionale. Come funziona? Si fa leva su i valori condivisi del momento storico (al momento i diritti umani), si strumentalizzano a seconda dei propri interessi, e via: una politica genocida ed estremamente fascista viene spacciata per "polizia anti-terorrismo", tramite barili-bomba, prove inconfutabili di torture sistematiche, di pulizia etnica, di bombe al cloro, di uso di gas sarin, assedi medievali; tutto in nome dei diritti umani, della libertà, della democrazia, della pace. Tuttavia, il comune sentire è stato condizionato da una cabina regia globale che ha saputo convincere che una politica genocida non è terrorismo, l'America ci da sicurezza.....tutto va bene. Ovviamente, i motivi sono altri, maggiormente economici e di geopolitica. Perché l'America fa questo? Il professor Antoine Courban sostiene che la Casa Bianca intende aiutare l'Iran a divenire la potenza di riferimento regionale: la Casa Bianca intende salvare la casa regnante Saudita, che ha nell'ISIS e in al Qaida il suo peggior nemico "casalingo", la più seria insidia al suo rimanere al potere.
Credo, conclusione facile, che l'accordo sia:
USA:"ti aiutiamo noi Iran a mantenere il potere, sconfiggiamo i tuoi nemici ed in cambio ci dai il tuo bellissimo oro nero".
Iran:" e come giustificherai il tutto?"
USA:" Tranquillo Iran, ci sono i terroristi. Tu magari non li conosci, è una nostra invenzione: sono dei fantastici personaggi cattivissimi che vogliono distruggere l'occidente, armati da noi ed addestrati negli anni '70 dalla CIA in Afghanistan in funzione anti-sovietica".
Perché l'America non interviene anche in Ucraina, dove i neo-nazisti sono sicuramente un problema più serio alla stabilità della Politica Internazionale, ma soprattutto sono un insulto a quella libertà ed a quella democrazia tanto cari agli USA?
"Oramai siamo all'eclissi totale dei valori, e dopo quel che è accaduto in Siria ogni capovolgimento della realtà agli occhi delle opinioni pubbliche mondiali appare possibile. Questa è la sconfitta vera che abbiamo patito nel caso siriano. Una sconfitta destinata a pesare come un macigno sul futuro di tutti e sul giudizio che la storia, prima o poi, darà della presidenza Obama, avendone il tempo. A prescindere da quale sia l'intenzione per cui il presidente americano si accinge a intervenire in Iraq. Sebbene riluttante..."
Esercizio del Risveglio
Perché raramente ci accorgiamo di ciò che accade intorno a noi
giovedì 3 luglio 2014
giovedì 26 giugno 2014
Tutti erano e sono Testimoni
Uruguay
batte Italia 1 a 0; sudamericani avanti, europei fuori. Notizia non
troppo interessante. Interessante, però, potrebbe essere prendere il
risultato di questa brutta partita di calcio, giocata in questi
sporchi mondiali brasiliani, per tentare di raccontare qualcosa
rispetto ai rispettivi cosiddetti “capi di stato” di questi due
paesi: Josè Mujica e Giorgio Napolitano.
Così
ieri sera avevo cominciato, con la voglia di scrivere un articolo che
partisse dallo sport per arrivare molto velocemente alla politica.
Poi, dopo aver selezionato informazioni, fonti e articoli che ho
ritenuto utili al lavoro, sono andato a dormire, lasciando depositare
il tutto, aspettando un'acqua più limpida. Questa mattina seguo con
attenzione e scoramento una trasmissione radiofonica su Radio Tre,
capace spesso di offrire contenuti di gran lunga migliori. Tema della
discussione è la partita di ieri, vista però dall'ottica
giornalistica-intellettuale, con la presentazione dei migliori
articoli odierni sull'argomento, firmati dalle famose penne del
giornalismo italiano. L'occasione per tracciare equivalenze tra
l'Italia in Brasile e l'Italia in Italia è ghiotta, il parallelismo
è semplice e, come me e meglio di me, anche queste penne ben più
raffinate colgono la palla al balzo.
Incuriosito
dall'idea comune e pronto a rubare spunti illuminanti, alzo il volume
e affino l'udito. Purtroppo ci vuole molto poco per accorgermi che un
copione fa da sfondo unico, e che tutti questi brillanti scrittori
hanno avuto la stessa idea non solo nel fare il ponte tra calcio e
politica, ma anche nel modo, nell'estetica e nella struttura di
questo ponte.
La
chiave più utilizzata è quella che getta l'arco tra la (ridicola)
“rottamazione” di Renzi e quella che tocca fare dopo questa
sconfitta alla nazionale azzurra. Così come Renzi il salvatore ha
spazzato (promesso di spazzare sarebbe più corretto) la vecchia
guardia della politica italiana (davvero?!?!), il futuro commissario
tecnico & co dovranno fare lo stesso con i “senatori” della
squadra.
Che
tristezza. I cori unanime sono sempre i più brutti; fanno credere di
giocare la partita da soli. Possibile che si riesca a vedere sempre
la stessa faccia di questa storia dalle infinite sfaccettature?
La
voglia di scrivere l'articolo mi passa. Senso di impotenza
angosciante, che credo che abiti tutti i tifosi e giocatori dei
saperi “subalterni”; su novanta minuti di partita al massimo si
concede loro due minuti di recupero, giusto per non sentirsi dire che
questo allenatore ha un modo dittatoriale. (Anche se forse le
formazioni gliene passano dall'alto...).
Però
è troppo bella la storia di Mujica per non raccontarla almeno in
qualche parola; soprattutto poi se messa a confronto con quella di
Napolitano!
Sarebbe
bello chiedere al grande Giorgio Gaber di scriverci una canzone delle
sue, di quelle parlate che partono piano, ti fanno ridere, e poi
incalzano ed esplodono, e giù lacrime: “Qualcuno era
rivoluzionario”, potrebbe chiamarsi. Rivoluzionario nel senso più
bello e onorevole del termine. A voi l'indovinello...
Qualcuno
era rivoluzionario (scusa Giorgio, non offenderti! [intendo Giorgio
Gaber, ovviamente, non l'altro]) perché era nato da una famiglia di
contadini e sapeva cosa significava essere parte del “proletariato”;
Qualcuno
non era rivoluzionario perché era nato in una famiglia ricca, suo
padre era avvocato, e i proletari li studiava o al massimo ci
chiaccherava.
Qualcuno
era rivoluzionario perché faceva parte del Movimento
di Liberazione Nazionale Tupamaros (MLN-T), una guerriglia nata e
rafforzatasi sulla scia della rivoluzione cubana dall'incontro tra il
“Movimento di sostegno al contadino” (Movimiento de Apoyo al
Campesino) e i sindacati, che ha lottato a difesa del popolo
uruguaiano e contro la dittatura militare.
Qualcuno
non era rivoluzionario perché era entrato a far parte del Partito
Comunista italiano nel 1945, diventando deputato nel 1953 nella
circoscrizione di Napoli e rimandoci fino al 1996. Nello stesso anno
era divenuto ministro dell'interno nel governo Prodi e lo si ricorda
soprattutto per la legge Turco-Napolitano del 1998 sui “centri di
permanenza temporanea per gli immigrati clandestini”, un testo che
viene definito come il padre della ben più famosa Legge Bossi-Fini
(si veda
http://www.huffingtonpost.it/giacomo-russo-spena/migranti-quei-lager-chiamati-cie-chiudiamoli_b_4607894.html
).
Qualcuno
era rivoluzionario perché durante la dittatura militare è stato
incarcerato assieme ai suoi compagni (soprattutto i nove capi del
movimento) per circa quindici anni; la polizia uruguaiana, assieme a
corpi speciali addestrati dallo statunitense “Office of Public
Safety”, sferrò negli anni '70 un duro attacco nei confronti del
movimento e, incarcerando i leader, ne minò le fondamenta.
Qualcuno
non era rivoluzionario perché il suo passato all'interno del partito
comunista lo fa ricordare più come uno di quelle persone che nascono
all'interno di un partito, non rompono troppo le scatole a nessuno, e
non escono più, nemmeno da morti. Nel PCI (vero) lo si ricorda
soprattutto per essere uno dei “moderati” dei maggior peso che,
dopo la morte di Togliatti, ha remato a favore dell'avvicinamento
alla Democrazia Cristiana. Ah, dimenticavo! È ricordato anche per
essere il primo dirigente del PCI ad aver ricevuto il visto per
andare negli Stati Uniti!
Qualcuno
era rivoluzionario perché durante la prigionia è stato dieci anni
in totale isolamento, tenuto in condizione disumane. Per non
impazzire ha cominciato a vivere nelle allucinazioni che
inevitabilmente aveva. Questo gli permetteva di continuare a vivere.
Quando le guardie e i dottori se ne accorsero provarono a riempirlo
di psicofarmaci per togliergli anche le allucinazioni; lui finse di
prenderli ma non li ingoiava.
Qualcuno
non era un rivoluzionario perché l'invito ufficiale per entrare
all'interno delle vere cariche politiche lo ricevette anche grazie
all'interessamento di un tal Giulio Andreotti.
Qualcuno
era un rivoluzionario perché durante la guerriglia contro i
militari, questi lo colpirono con sei pallottole; il medico che lo
soccorse disse: “Che coglioni che ha X, si afferrava alla barella e
diceva: 'non mi lasciate morire, io sono un combattente'. Gli abbiamo
dato tredici litri di sangue, che coglioni che ha”.
Qualcuno
non era un rivoluzionario perché durante il suo incarico di ministro
degli interni, nel 1998, non riuscì a evitare la fuga all'estero del
celebre “maestro venerabile” della loggia massonica P2 Licio
Gelli, evaso dal carcere “solo” quindici anni prima, nel 1983.
Per questo il filosofo Paolo Flores D'Arcais ne chiese le dimissioni.
Si
potrebbe andare molto oltre con questa stesura (orgogliosa di essere
di parte) dei perché uno “era” e l'altro “non era”. Vi
invito a cercare altre storie sul passato di questi due signori
anziani e importanti. Passiamo però ora al presente. Tutto si fa
ancora più interessante quando arriviamo all'oggi. Come vivono e
agiscono questi due capi di stato, almeno dall'inizio dei loro
incarichi?
Di
nuovo scusa, Giorgio G.!
Qualcuno
è un rivoluzionario perché vive in una fattoria con quattro stanze,
una cucina, una stufa a legna e una marea di animali. Ha un bel campo
che lavora la domenica, quando può riposarsi dal lavoro di
presidente, e offre asilo a due famiglie che non sapevano più come
fare a vivere ed erano andate a chiedergli aiuto. È possibile
incontrare talvolta due signori all'ingresso, quando sono previsti
incontri con la stampa e simili.
Qualcuno
non è un rivoluzionario perché vive in un palazzo con circa 1200
stanze e 1720 dipendenti (da notare un importante miglioramento,
poiché nel 2006 il personale contava 2181 persone!).
Qualcuno
è rivoluzionario perché percepisce 12'000 dollari al mese ma ne
prende il 90%....90%...cioè 90 su 100, e lo deposita in un fondo di
assistenza per chi ne ha più bisogno. I funzionari del suo governo
hanno un tetto di 1'900 dollari, ciò vuol dire che la maggior parte
di loro percepisce il 35% del proprio stipendio, mentre il resto va
nel Fondo
Raúl Sendic, che concede microcrediti a progetti per lo più di
cooperative, senza interessi, senza firmare carte e senza la
richiesta di appartenere al Movimento, e a un fondo di solidarietà
con cui si presta soccorso ai militanti dell'MPP che stanno
attraversando un momento di emergenza economica (si veda
http://www.jacopofo.com/-la-vera-incredibile-storia-jose-pepe-mujica-presidente-uruguay).
Qualcuno
non è rivoluzionario perché guadagna 239'000 euro all'anno (c'è da
dire che sono però lordi e che, a differenza di molti altri politici
del suo paese, quest'uomo non prende altre pensioni e vitalizi vari)
e il suo palazzo col suo personale costa 228 milioni...milioni...di
euro all'anno. Però, perché c'è un però, nel 2009 costava 3,2
milioni in più, quindi 231,2..milioni. Grandi balzi in avanti. Di
queste spese si possono registrare almeno 30 milioni di euro per la
sicurezza: poliziotti, carabinieri e corazzieri. Ma in un certo modo
anche lui è un po' contadino: infatti 157 mila euro vanno per
l'acquisto di macchine agricole e del bestiame della splendida tenuta
che gli è concessa. (si veda
http://www.huffingtonpost.it/2013/02/02/giorgio-napolitano-pubblica-su-internet-il-bilancio-del-quirinale_n_2606256.html
e
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/12/napolitano-793-uomini-per-la-sicurezza-del-quirinale-costano-40-milioni-allanno/947390/).
Qualcuno
è rivoluzionario perché nell'Agosto del 2013 ha firmato la legge
per la legalizzazione del matrimonio gay che, al di là dei discorsi
di giustizia e diritti, ha considerato come un semplice e palese
riconoscimento della realtà.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché nello stesso anno, 2013, per risolvere
l'immobilità del governo del suo paese ha creato il famoso gruppo
dei “saggi”, composto da personaggi che rappresentavano alla
perfezione lo stato pessimo della politica italiana e che hanno
risolto i problemi del governo con diverse.....cosa?? Cosa hanno
fatto i “saggi”? Cerco informazioni sul loro operato; a me
risulta molto simile al nulla. Se ne avete contattatemi, grazie! P.s.
: da sottolineare il fatto che uno degli stessi “saggi”,
incastrato da una telefonata, ha dichiarato che essi altro non erano
se non un modo per prendere tempo, totalmente inutili. (Si veda
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/30/dieci-saggi-nominato-da-napolitano-schede/547507/
e
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/04/onida-saggi-di-napolitano-inutili-presto-si-torna-a-votare/551707/).
Qualcuno
è rivoluzionario perché ha sostenuto con forza la legge per
l'aborto.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché ha sostenuto con forza un governo
disgustoso di larghe intese. Di buono c'è che certe unioni di fatto,
sempre nascoste e negate, sono state finalmente palesate!
Qualcuno
è rivoluzionario perché nel corso sua presidenza la povertà del
paese è passata dal 37% all'11%.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché nel corso della sua presidenza la
povertà del paese è aumentata, la disoccupazione è aumentata, il
debito pubblico è aumentato, il consumo di psicofarmaci è
aumentato, i suicidi sono aumentati, mentre la percentuale di persone
che detengono quasi la metà della ricchezza totale è diminuito: al
10% della popolazione il 46,6% della ricchezza. (Si veda
http://www.repubblica.it/economia/2014/01/27/news/bankitalia_povert_famiglie-77044006/).
Non sarà certo colpa sua, però...
Qualcuno
è rivoluzionario perché ha sostenuto una seria lotta per la
legalizzazione della marijuana, e non in nome di una qualche libertà
spicciola come spesso se ne parla, ma per provare una nuova strada
che colpisca profondamente il mercato dei narcotrafficanti,
controllando e gestendo un consumo che avverrebbe comunque per vie
illegali e ben meno sicure.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché la legge Turco-Napolitano è
considerata madre della Bossi-Fini....quindi!
Qualcuno
è rivoluzionario perché sa benissimo e ammette pubblicamente che il
capitalismo e il mercato “scorretti” esistono anche nel suo paese
e che il suo potere può ben poco contro l'andamento del mondo
globalizzato; ma nonostante questo si oppone e propone assieme al suo
governo forme di regolamentazione vere, oneste, che non fungono da
specchi per le allodole ma da salvagenti per la gente. Pensa in
primis al suo popolo e non alla finanza globale di 'sto cazzo, alle
agenzie di rating che declassano o ai patti di stabilità che
dichiarano esplicitamente: “Dissangueremo i cittadini ed
elimineremo i loro servizi per far sì che i conti tornino...a noi”.
(Si veda
http://www.libreidee.org/2013/03/fiscal-compact-guarino-il-pareggio-di-bilancio-e-illegale/).
Qualcuno
non è rivoluzionario perché, oltre spendere parole e pensieri più
per i patti di stabilità assassini, agenzie di rating e mercati
finanziari che per i cittadini, nel suo paese è in corso il terzo
governo consecutivo instaurato non democraticamente tramite elezioni.
Mettetela come volete ma è dal 2011 che delle elezioni non
determinano il governo. Crea qualche brivido, ma l'ultimo governo
eletto con elezioni è un governo Berlusconi. Come ricorda il
filosofo Giorgio Agamben, lo “stato d'eccezione” è una
sospensione legalizzata del diritto, e se prolungato non è proprio
un grande risultato per la democrazia.
Qualcuno
è rivoluzionario perché quando i giornalisti gli chiedono il perché
del suo vivere in condizioni di povertà, lui risponde che non è
povero chi vive con poco, ma chi ha bisogno di troppo e vive
continuamente nell'insoddisfazione. Dice che lui vive benissimo con
quello che ha, che supera di gran lunga ciò che hanno molti suoi
concittadini.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché ogni qualvolta nel suo paese scoppiano
scandali da far rabbrividire la gente e da far sorgere domande del
tipo “ma noi qua cosa ci stiamo a fare?!”, si guarda bene dal
condannare o dal prendere una posizione esplicita a riguardo. Più
che altro sputa qualche frase fatta, elude, insabbia. Non gli si
chiede di mettere in galera o sparare a qualcuno, ma di parteggiare,
e non in nome di una fazione piuttosto che di un'altra, ma di un
principio, almeno. Invece nel suo paese tutti menano a destra e a
manca (ma soprattutto a manca, lato del presidente, in teoria) la
storia dei partigiani, e poi nessuno parteggia più per niente, se
non per le bugie, per i centri, per i rimandi, per la tristezza.
La
tristezza, appunto, che mi coglie quando mi viene in mente che queste
parole, questo gioco di opposti, alla fine mi sembra che non vogliano
dire nulla. Tristezza che mi coglie quando sento che le mie idee si
imbruttiscono perché rimangono mie e rimangono sole, con me; io e
loro, qualcuno ascolta, qualcuno no, ma pochi, sempre poche persone.
Anche i discordanti sono pochi, così come quelli che invece sono
d'accordo. Ma se pochi sono d'accordo e pochi in disaccordo, i tanti
dove cazzo sono??? C'è la partita in qualche bar nascosto? Rigiocano
Italia – Uruguay perché ormai la federazione aveva speso per venti
giorni di soggiorno brasiliano circa 5 milioni di euro e gli
scocciava andare già via??? (Spese non a carico dei contribuenti,
tranquilli!).
Non
so...
Mi
viene in mente un'unica cosa: l'esperienza della testimonianza. Uno
può essere rivoluzionario, non rivoluzionario, o quello che più gli
piace, ma quel che ormai a me interessa è la sua testimonianza. Tu,
il tuo agire, le tue parole, le tue scelte, quello che mi fai vedere
e quello che nascondi, il tuo modo di presenziare nel mondo; cosa mi
dicono queste cose? Nella speranza che scricchiola, nella precarietà
più totale e sempre più profonda, nella lucida analisi realista di
un futuro che sorride ai più “brutali”, la mano della
testimonianza tiene lontana la deriva nichilista.
È
chiaro che uno non è un angelo eroe e l'altro non è un mostro
terribile. Molto più semplicemente uno è testimone di qualcosa;
l'altro non è testimone della stessa cosa, lo è di qualcos'altro.
A
voi la scelta della preferenza. (Ops! Ma si possono mettere le
preferenze? O possiamo scegliere solo il gruppo di appartenenza e poi
le persone le scelgono loro?)
Il
gruppo dell'uno era ed è composto da persone del tipo: “l'ultima
cosa che posso dire è che furono gli anni più belli della nostra
vita. Non abbiamo mai fatto i nostri interessi. Abbiamo dato tutto. E
adesso viviamo in un esercizio di interrogazione periodica con quel
ragazzino che siamo stati a vent'anni. Io non voglio fare a
sessant'anni cose che mi sarei vergognato di fare a venti. Voglio
andarmene dalla vita senza amputare delle parti di me stesso. Forse
agli altri compagni succede la stessa cosa”. (Trovo che
“l'esercizio di interrogazione periodica con quel ragazzino che
siamo stati a vent'anni” sia qualcosa di meraviglioso).
Il
gruppo dell'altro era ed è composto da persone del tipo: ….lasciamo
perdere....
(Una
bella intervista: https://www.youtube.com/watch?v=iC4eIUFSO2g)
25/06/2014
venerdì 25 aprile 2014
Com'è Giusto!
Meravigliosa sensazione di Giustizia
Abbraccio voi, miei compagni lontani, e vi inondo di affetto
lunedì 13 gennaio 2014
Frammenti Ciclici
Un lavatro purificatore finale. Proprio come dopo una battaglia...una pestilenza.
http://www.youtube.com/watch?v=SSMmHnR5wSc
http://www.youtube.com/watch?v=SSMmHnR5wSc
domenica 12 gennaio 2014
Il mostro è l' amore
Il mostro è
l' amore.
Non avevo
l’ orologio al polso; non serve di questi giorni considerando la facilità con
cui si può conoscere la posizione del tempo; è sufficiente osservare il display
luminoso di un qualsiasi oggetto tecnologico che ha colonizzato il nostro
quotidiano, che sia un computer, un telefono cellulare, quella recente
diavoleria che è il tablet o affini.
Al di là di
ogni fondante riflessione riguardo a ciò che è necessario o meno allo spirito,
all’ impatto ecologico conseguito dalla produzione di uno dei sopracitati, alla
continua delega di abilità dell’ uomo alla macchina, ciò che vuole essere
vendicata è la primitiva attitudine all’ umano, ormai spacciata per obsoleta,
la potenziale trasmissione empatica conseguibile dal contatto solidale,
richiesto, ad esempio, per poter formulare la non più elementare, non più
prevedibile domanda: “ Scusi, conosce l’ ora? “.
Chi chiede
più l’ ora ad un passante? Oppure, chi più si fa spiegare il percorso da un abitante del luogo in cui stiamo transitando, considerando l' ausilio, ovvero la
manipolazione, dei navigatori Gps dalla voce metallica o da altre dannate
invenzioni accolte con entusiasmo dagli uomini che giustificano la loro
legittimità cantando il mantra cieco della comodità?
Ma quale
comodità è questa? – chiedo io - quella forse sublimante l’ individualismo,
quella che preferiamo ad un abbraccio poichè sostituito da una simpatica
emoticon gialla, quella che ha piantato i chiodi sul feretro dei luoghi
pubblici, in cui ritrovarsi senza essersi preventivamente contattati poteva
essere sorpresa e gioia oppure dispiacere e delusione, delegando l’ incontro al
virtuale tessuto connettivo che è il web?
Si, deve
essere questa. E noi siamo pazzi, pazzi spaventati che invertiamo rotta se
scorgiamo al tramonto di un sentiero buio una figura che ci viene incontro,
temendo chissà quali conseguenze mostruose ne deriverebbero. Il mostro è l’
amore e il fraterno che non abbiamo più il coraggio di salutare temo io.
martedì 3 dicembre 2013
La Jaula de Oro
E alla
fine mi sento persino in colpa di avere il mal di gola. In colpa di
non riuscire a liberarmi da preoccupazioni che per mia fortuna non
sono altro che scelte, perché ho sempre la possibilità di
scegliere, io...noi. Non loro però, che non possono far altro che
sognare un sogno che non gli appartiene. Noi non resisteremmo una
settimana là fuori, in quel mondo così storpiato da un essere umano
più selvaggio della natura selvaggia, che al suo confronto
impallidisce. È più sicuro il bosco fitto e verde e umido, della
mano tesa di un coetaneo; più sicura è la povertà onesta che il
tentativo di partecipare alla ricchezza dei responsabili. Noi abbiamo
mal di pancia psicosomatici e cervicali tesi, loro bevono l'acqua dei
fiumi e dormono se capita.
C'è
un mondo che ci sfugge in continuazione, che urla la sua presenza ma che
rimane nella penombra, al di sopra del quale s'innalza spavalda una
bolla di vetro, artificio dei liberi. C'è un mondo che è stato e
viene continuamente stuprato, impoverito, stravolto in una tortura
infinita che farebbe rabbrividire il più cattivo fra gli umani, ma
che a mala pena sfiora l'umanità tutta. Perché la percezione della
massa è sempre diversa, benché fatta della somma dei tanti, è
sempre qualcosa di altro. Lenta e silenziosa invita a non gettare lo
sguardo troppo lontano, suggerisce l'accettazione sibilandola, impone
l'individualismo facendo sì che i tutti rimangano soli, nel loro
bisogno, nel loro interesse, nel loro dolore, nella loro distrazione,
che è tutta per loro, tutta per noi, che soffochiamo, senza averne
il diritto, all'aria aperta.
In
quel mondo non si può scegliere di stare fermi e accontentarsi del
poco, perché lo spazio dell'umiltà è stato spazzato via da chi ha
dato il potere in mano ai criminali, per assicurarsi il proprio
lurido interesse, e così non si può scegliere il poco perché
spesso non si trova nemmeno quello. E poi cresci traviato dalla
contrapposizione, hai uno schermo che ti mostra che lassù, a nord
del mondo, c'è una bolla di vetro fantastica, dove i sogni si
avverano e tu la guardi e ti senti “uno zoo di animali nella pancia
che corrono” dalla voglia di andare a vedere; ti guardi intorno e
vedi baracche, e l'incongruenza è troppo forte da digerire. Peccato
che se il mondo è diviso in due, la bolla di vetro e il l'inferno
della fame, è proprio perché il secondo permette al primo di essere
così fantastico e una eccessiva emigrazione in questa direzione
romperebbe l'ingranaggio del sistema perfetto. Chi non ha niente però
non lo sa, non glielo dicono. Non può accorgersi di quanto a volte
possa essere importante il necessario, l'essenziale; non è suo
compito farlo. E fa schifo ma purtroppo lo capisce spesso ma non
abbastanza spesso, chi è nauseato dal superfluo, chi ha
quell'eccesso di “roba” che gli permette di dire “non so cosa
fare”, “non so cosa farne”, “non so”. Soffocati, senza
averne il diritto, dalla libertà di tutto, all'aria aperta.
Mentre
loro attraversano paesi su tetti di treni fatiscenti, abbandonano la
loro natura che forse non sanno nemmeno più di amare, costretti a
dimenticarselo. Quella natura che però gli rimane dentro, nel profondo, e
che viene fuori nell'immagine con cui si disegna la gioia, la
speranza: “ lo zoo di animali nello stomaco”. Il quindicenne
occidentale medio al massimo potrebbe dire qualcosa come: “ mi sento
come se avessi finito il gioco della play station”, o nel migliore
dei casi “come se avessi vinto la coppa campioni”. Loro hanno gli
animali dentro, ma non sanno riconoscerlo. Incolpevoli recitano una
parte che i liberi gli hanno assegnato.
È
stupefacente l'interezza con cui questi giovani attraversano
l'inferno: saldi in loro stessi, attaccati a quella fede senza la
quale si muore prima di arrivare.
Loro
sono tre, quelli di Lampedusa più di trecento, quelli di tutto il
mondo chissà quanti; chissà quanti esseri umani costretti a sperare
una speranza che non gli è concessa, a sognare un sogno che per loro
si lascia solo intuire.
Forse
l'occidente, il nord del mondo e la sua bolla di vetro, la bandiera a
stelle e strisce sporca di colpevolezza, è meglio guardarli da
dietro la ringhiera, per non rischiare di finire come carne da
macello, come fiocchi di neve nell'oblio del vento.
“Fratello
ti sei perso...passando per la frontiera”.
domenica 7 luglio 2013
VENTO DI GUERRA
Immobile. Ogni cosa sembra marmorizzata. O meglio, ogni cosa solida sembra essere marmorizzata. Salda poggia su di un suo simile, anch'esso saldo. Immobile, sì, ma sfuocata; come l'ombra di un fantasma, sembra voglia scomparire. Poi un fremito. Solo chi resta appeso ad un filo può ancora vibrare. Più sensibile si lascia avvolgere dal vento, scalcia sotto i suoi colpi. Ma questo che ci riscalda oggi, così afoso e denso, è un vento malsano, lascia intuire una minaccia. Qui vince il silenzio, quasi nessuno ne parla; ma i più temerari si sono lasciati sfuggire un commento: questo vento puzza di febbre...è un vento di guerra.
Un attimo in più, e poi la marcia dei soldati, cieca e monotona come loro, comincia ad imporsi sul silenzio.
Guardo il vuoto
Guardo il vuoto
i miei fogli volano
scompaginati da un vento di guerra.
martedì 4 giugno 2013
Primavera Turca
As our friends overseas, we need your help. Send this message to everyone you know. Create awareness internationally about our plight, or matters are going to get much, much worse. We want all international media channels - soclal and mass - to report this news.
http://supernature.tumblr.com/post/51791957036/for-the-past-few-days-peaceful-turkish-citizens
Divulghiamo. Buona fortuna.
domenica 5 maggio 2013
PARALLELISMI S-FORZATI
«Nelle
società tradizionali con Stato monarchico ogni cambiamento di regno
provoca un vero e proprio "ritorno agli inizi" »,
sostiene Georges Balandier, sociologo ed antropologo noto per le sue
ricerca nel continente africano, nel suo libro Antropologia
politica.
Questa
affermazione apparentemente lontana a noi e ai nostri problemi nel
tempo come nello spazio, diventa un'occasione imperdibile per quei
cultori della provocazione che provano un irresistibile attrazione
verso quel che qui chiameremo “parallelismi s-forzati”.
Parlando
di rituali di inversione, di ribellione drammatizzata e di momenti di
transizione del potere detti “interregni”, il nostro studioso ci
mette al corrente che presso i greci antichi i Kronia provocavano un
ribaltamento dei rapporti di autorità che aveva come fine quello di
ristabilire l'ordine sociale, rafforzando maggiormente il potere
centrale. Lo stesso accadeva con i Saturnalia romani: nel rituale un
schiavo doveva interpretare il ruolo del cosiddetto “re per
scherzo” ed annunciare uno stravolgimento dei rapporti di forza. La
cosa veniva associata al disordine pericoloso e spaventava molto la
società intera che finiva per desiderare un'unica cosa: il ritorno
al regno delle regole.
Questo
tipo di rituali sono stati riscontrati poi in Africa, soprattutto in
quelli Stati definiti “poco stabili” (definizione che già tende
ad avvicinarsi alla nostra posizione).
Pensate
che presso gli swazi, popolo dell'Africa del sud, si svolge un
rituale annuale che vuole mettere in crisi la posizione del re in
carica. Questo diventa oggetto di insulti ed odio da parte del
popolo, ed allo stesso tempo viene esaltato ed apprezzato dai membri
dei clan regali e dai guerrieri. Il re a questo punto, sballottato
tra la volontà popolare e quella dei suoi uomini fidati pieni di
buoni interessi a volerlo ancora sul trono, si finge perplesso e fa
il prezioso (e l'odore d' Italia si fa più intenso).
Il
re non sa chi ascoltare, perché la folla grida e fa paura, e così
esita a riprendere il proprio posto a capo della nazione; poi
finalmente il caldo sole africano lo scioglie ed egli cede alle
richieste dei suoi che, credo io, abbiano fatto appello alla sua
competenza, la sua esperienza, la criticità della situazione, la
paura del peggio (odore d'Italia ormai chiaro). Giochi fatti e potere
ristabilito. Questo rituale chiamato incwala, secondo gli studiosi,
serve a liberare ritualmente le forze contestatarie ed a convertirle
in fattori di unità e sicurezza, e pare funzionare benissimo!
Ci
sarebbero molti altri esempi da fare ma credo sia arrivato il momento
di azzardare il parallelismo di cui parlavo in precedenza. Vi pongo
una domanda: pensando ai momenti di transizione del potere, alle urla
realmente drammatiche ma anche cavalcate e strumentalizzate del
popolo, ai re esitanti, che pacati annunciano un inevitabile addio e
che poi tornano improvvisamente, con colpi di reni degni dei migliori
atleti, giustificati da situazioni di gravità apocalittica che
nessun altro potrebbe mai risolvere; pensando alla chiamata corale
della pluristuprata responsabilità, pensando a tutti gli
uomini/donne del re che lo pregano a gran voce di tornare elogiando
la sua grandezza; pensando a queste cose che caratterizzano lo
svolgimento e la distribuzione del potere politico nel Stati “poco
stabili” africani, dai noi prontamente giudicati primitivi e
barbari, non vi viene in mente che cose del genere in una democrazia
modernista, progressista, avanguardista ma anche un po'
conservatrice, liberista ma anche lievemente socialista (e tutto quel
che Gaber ha già detto in altra sede), non potrebbero succedere mai
e poi mai?!?! Non trovate ridicolo per noi, così sviluppati e
giusti, vedere l'unica vera volontà espressa dalla maggioranza del
paese, quella di un cambiamento di rotta, di modi, di pensiero e di
azione, di un cambiamento necessario per tutti, economisti e
filosofi, operai e contadini, imprenditori e impiegati, presa a calci
da uomini marci e privi di un briciolo di lungimiranza? Uomini dotati
di un coraggio a me sconosciuto, in grado di sputare menzogne con
facilità disumana, che deliranti camminano, o meglio corrono, fianco
a fianco al proprio assassino: la loro rigidità, la loro tracotanza.
Allora
noi ci ritroviamo così, al secondo governo consecutivo che non
risponde alla volontà dei cittadini, e non per mancanza di
responsabilità di qualcuno come ci hanno detto, ma perché è così
che doveva essere; perché il potere difende in primis se stesso, con
la presunzione di essere l'unico a poter risolvere i problemi; perché
i veri cambiamenti fanno così paura che è preferibile inseguire un
mito suicida piuttosto che provare ad ascoltare parole differenti.
Abbiamo
avuto il nostro sfogo di ribellione, la gente è andata in piazza, si
sono viste cose bellissime, elettori di partiti diversi uniti nella
protesta a quel potere ottuso che non ha schieramento, indifferente,
capace di parteggiare solo per se stesso. Ci hanno detto che è colpa
degli irresponsabili, del movimento 5 stelle che dice di no a tutto,
e per carità, errori ne hanno commessi anche loro; ma per favore non
crediamo che qualcuno abbia davvero chiesto loro una collaborazione.
A loro sono stati chiesti voti di fiducia e basta, cosa completamente
differente, e la dimostrazione ce l'ha data la ri-elezione del re,
non africano ma simile nelle dinamiche, Giorgio.
Sembravano
sul punto di cambiare ogni cosa, un Partito Democratico nuovo,
giovane, consapevole dei passati errori, un Movimento popolare nuovo
che invoca partecipazione diretta e altre belle cose, un Berlusconi
dato per morto, sommerso dai processi e dalle bugie ormai non più
credibili, un vecchio presidente della repubblica a mio parere
sopravvalutato
(http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/31/saggi-di-napolitano-a-sigillo-di-pessimo-settennato/547897/
)
pronto a lasciare posto a qualcun altro, un Mario Monti flop alle
elezioni; tutte cose che sembravano bellissime e che invece, come nei
brutti incubi, mutano aspetto all'ultimo momento e si trasformano in
mostri.
Il
risultato più avvilente è il sorriso che Berlusconi ha sfoggiato
con orgoglio a ri-elezione di Napolitano avvenuta. Un sorriso simile
a quello di un re che, pronto ad essere ghigliottinato in piazza,
riesce quasi senza muovere un dito a ribaltare la situazione e a
tenere, per l'ennesima ed insopportabile volta, tutti per le palle.
E
noi??? «La contestazione rituale si inscrive così nell'ambito delle
strategie che permettono al potere di rafforzarsi periodicamente» ,
dice l'antropologo, ed io concordo con lui. Però noi possiamo
dimostrare che ormai abbiamo imparato il trucco, che non abbiamo
alcuna intenzione di credere che non poteva e non può andare
diversamente e che continueremo a chiamare un'unica cosa, inevitabile
e sempre più necessaria: il cambiamento. Non contro l'uno o contro
l'altro, ma contro ciò che sta alla radice, contro quel che concede
al potere la forza sorda di alimentare se stesso sempre e comunque,
perché questi partiti sono il risultato di una logica molto più
profonda e non cambieranno mai se non sarà questa a farlo per prima.
domenica 21 aprile 2013
Imploderà
Se si fa scoppiare un petardo sopra una mano aperta, ti bruci, e dopo due settimane te ne sarai dimenticato....e magari lo rifarai, perchè purtroppo noi dalla storia non vogliamo imparare; ma se invece il petardo lo si fa scoppiare all'interno di una mano chiusa a pugno, ecco che qualche dito ti parte di sicuro ed il danno sarà permanente, nel profondo.
Ecco cosa significa Implodere.
Il mondo ormai è fatto di cose non dette, di persone subdole, di mancanza di etica; l'importante è avere soldi, possedere. In questo mondo, le persone invece di "esplodere" in maniera manifesta e chiara, preferiscono distruggere gli altri rimanendo nascosti, vigliaccamente.
Ma ormai tutto sta per Implodere, ed è solo colpa nostra...della nostra arroganza.
Ma tutto Imploderà, tutto Imploderà...
giovedì 18 aprile 2013
E BUTTALA DENTRO!!!
Ennesima
e molto probabilmente ultima occasione per il Centro Sinistra.
Passatemi la metafora calcistica: ci troviamo al minuto 85' della
partita più importante delle partite importanti, con la confusa
squadra guidata da Bersani, bomber dal piede freddissimo alla sua
ultima apparizione da capitano, sotto di una rete. Strano a vedersi
ma l'avversario che gli si schiera di fronte è la sua stessa parte
marcia. Quella immobile, falsa, innamorata dello status quo (non me
ne voglia La Bionda) che infinite volte ha scelto di non essere
troppo dura con l'amico/nemico Berlusconi. La posta in gioco è una
reale e netta inversione di rotta verso ciò che sarebbe dovuto
essere già da molto tempo. Nel corso della gara il team, noto per la
sua compattezza simile a quella dell'aria quando è rarefatta, ha
sciupato diverse occasioni. Ci sono stati giocatori che hanno tentato
alcune azioni sovversive dando consigli eretici scivolati nel nulla.
C'era stato chi aveva suggerito di non abbassare troppo la testa con
Monti, di non sciupare la lingua a leccare che poi sarebbe stata
utile per parlare in campagna elettorale in maniera decente; c'era
chi, molto prima del risultato elettorale, aveva addirittura
consigliato di non trattare il Movimento Cinque Stelle come fosse
spazzatura od un pericoloso gruppo di fanatici guidato da un
terrorista fascista (c'è un simpatico articolo di Travaglio che
raccoglie le varie opinioni su Grillo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02/26/elezioni-2013-da-fassino-a-ferrara-insulti-e-esorcismi-di-chi-aveva-capito/513406/
); c'era chi aveva detto, dopo le elezioni, che per collaborare
realmente con i grillini bisognava fare aperture vere votando per
esempio il loro candidato come presidente della camera o del senato
(Cacciari). Eppure niente, zero assoluto. Il partito ha proposto un
gioco macchinoso, prevedibile, solita maniera insomma. È
vero, ha ringiovanito la rosa, inserito nuovi volti femminili, ma la
struttura non è cambiata, o perlomeno la volontà di cambiamento non
si è espressa in maniera chiara, tant'è che c'è chi all'interno
della squadra preme per esserne il nuovo simbolo.
Nonostante
tutto questo a cinque minuti dal termine i cinquestelle offrono al
Bersani team un assist che ha il sapore della grande occasione. Cross
perfetto sulla testa del centravanti. Sul pallone un nome
incriticabile: Stefano Rodotà. Cosa farà il nostro bomber?
Sfrutterà l'occasionissima e metterà la palla in rete o la manderà
malamente alle stelle dimostrando che il suo cranio è effettivamente
di forma fallica?
Rodotà
è tutto ciò che può volere una coalizione di Centro Sinistra nelle
condizioni del nostro Centro Sinistra. Giurista, appartenente alla
società civile, professore universitario, sinistroide ma moderato,
competente, apprezzato internazionalmente e senza passati turbolenti
né oscuri. È persino vecchio (o esperto se volete) ! Insomma è
perfetto....se non si volesse trattare con Berlusconi proponendo nomi
da far rabbrividire tutti, tranne lui ed i suoi amici. È una delle
poche proposte intelligenti del Movimento Cinque Stelle, o meglio è
una delle poche proposte del Movimento Cinque Stelle. Votarlo sarebbe
una finalmente chiara espressione di cambiamento, il primo passo
verso una nuova idea della politica. Di solito per mia natura non mi
accontenterei di così poco, ma date le circostanze!
Il
nome di Giuliano Amato è stato spesso tirato in ballo in questi
giorni. “Se papà era il capo dei ladri, Amato era il
vice-ladrone”, “Amato estraneo al finanziamento illegale al
partito? Abitava forse sulla luna? Non poteva non essere coinvolto”.
Queste sono le parole di Bobo e Stefania Craxi, figli di Bettino.
Strano ma vero, mi trovo d'accordo con loro.
Sarebbe
triste, avvilente e veramente stupido sbagliare un goal praticamente
fatto. Bersani team: e buttala dentro una buona volta!
sabato 13 aprile 2013
Mostra pittorica FKO 2013
L' arte astratta può piacere o meno, infastidire o sublimare, certo è che provoca, fa discutere, e induce a chiedersi cosa sia l' arte, assolvendo così immediatamente un compito di per sé estremamente basico e interessante.
Essa credo debba scuotere, suscitare impeti, di accezione positiva o negativa importa relativamente, ed aprire canali più profondi possibili, l'importante a mio avviso è che non passi inosservata e che sia partecipativa. Non ricordo quale pittore diceva che se i dipinti si potessero tradurre (inequivocabilmente, aggiungo io) a parole non ci sarebbe nemmeno la necessità di dipingerli. L' arte astratta piuttosto che contemporanea è una forma di comunicazione non convenzionale, e per questo segue forme di rappresentazione non tradizionali che potenzialmente possono solleticare e suscitare forme di espansione ed esaurimento più sconosciute pescando nelle zone più recondite dell osservatore.
Qui presentiamo dunque una piccola mostra online di dipinti, alcuni dei quali, che non me ne voglia l autore, ritengo, basandomi sulla mia ignoranza in materia, appartenenti alla categoria della pittura astratta.
E' una collezione di 9 elementi, assortiti in ordine non cronologico, del giovane e promettente pittore e scultore della Val di Magra Filippo Capitani, in arte FKO, in onore della pittrice messicana Frida Kahlo, della quale egli ama maggiormente, come lui stesso ha dichiarato recentemente in una intervista a Sky Arte, la seconda declinazione pittorica, quella surrealista.
Felici ed onorati di poter accogliere nel nostro blog il suo Esercizio Artistico vi auguriamo un buon Risveglio.
Essa credo debba scuotere, suscitare impeti, di accezione positiva o negativa importa relativamente, ed aprire canali più profondi possibili, l'importante a mio avviso è che non passi inosservata e che sia partecipativa. Non ricordo quale pittore diceva che se i dipinti si potessero tradurre (inequivocabilmente, aggiungo io) a parole non ci sarebbe nemmeno la necessità di dipingerli. L' arte astratta piuttosto che contemporanea è una forma di comunicazione non convenzionale, e per questo segue forme di rappresentazione non tradizionali che potenzialmente possono solleticare e suscitare forme di espansione ed esaurimento più sconosciute pescando nelle zone più recondite dell osservatore.
Qui presentiamo dunque una piccola mostra online di dipinti, alcuni dei quali, che non me ne voglia l autore, ritengo, basandomi sulla mia ignoranza in materia, appartenenti alla categoria della pittura astratta.
E' una collezione di 9 elementi, assortiti in ordine non cronologico, del giovane e promettente pittore e scultore della Val di Magra Filippo Capitani, in arte FKO, in onore della pittrice messicana Frida Kahlo, della quale egli ama maggiormente, come lui stesso ha dichiarato recentemente in una intervista a Sky Arte, la seconda declinazione pittorica, quella surrealista.
Felici ed onorati di poter accogliere nel nostro blog il suo Esercizio Artistico vi auguriamo un buon Risveglio.
domenica 24 marzo 2013
Disarmo culturale first needing!!!
Il mercato delle armi non conosce crisi. E la Cina è sempre più leader
Nell'ultimo quinquennio le esportazioni dell'industria bellica di Pechino sono aumentate del 162% rispetto al periodo precedente, contro una media del 17 per cento. Regno unito superato in classifica. E l'Italia compensa la frenata europea
di Matteo Cavallito | 24 marzo 2013
La Cina avanza anche nelle armi. Nel corso del quinquennio 2008-2012, le esportazioni di armi convenzionali nel mondo sono cresciute del 17%, una forte espansione cui ha contribuito in modo decisivo l’industria cinese le cui vendite all’estero sono aumentate del 162% rispetto al periodo precedente (2003-07). Una performance che ha consentito a Pechino di superare in classifica ilRegno Unito entrando a far parte del club dei primi cinque esportatori di armi del mondo per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda. Lo ha riferito lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) nel suo ultimo rapporto pubblicato.
A mantenere la leadership nel mercato mondiale sono sempre gli Stati Uniti con una quota pari al 30% dell’export globale. A tallonare Washington c’è ovviamente la Russia (26%) mentre Germania (7%) e Francia (6%), terza e quarta rispettivamente, seguono a debita distanza. La Cina, come si diceva, ha effettuato il balzo decisivo negli ultimi anni arrivando a conquistare quota 5% contro il 2% del quinquennio precedente. Determinante, per il successo delle armi di Pechino, la crescente domanda del Pakistan, come ha confermato il direttore del Sipri Arms Transfers Programme, Paul Holtom, in una nota ufficiale del centro di ricerca svedese. Le forniture cinesi, ha precisato, raggiungerebbero comunque un crescente numero di Stati.
Nella classifica delle importazioni, rivela ancora il SIPRI, Pechino si piazza al secondo posto con il 6% della quota complessiva globale dietro all’India, prima assoluta con il 12% dell’import planetario. Pakistan (5%), Corea del Sud (5%) e Singapore (4%) completano una Top Five globale interamente asiatica. Tra gli altri aspetti significativi del rapporto si segnala la leadership russa nelle esportazioni di armamenti convenzionali verso il Venezuela (il 66% dell’import di Caracas) e, soprattutto, la Siria (dove si raggiunge il 71%). Impressionanti, poi, i numeri dell’Africa: nell’ultimo quinquennio le importazioni del Continente sono cresciute del 104% rispetto ai cinque anni precedenti ma il traino viene in pratica dal solo Nord Africa dove l’import è aumentato del 350% contro il 5% delle nazioni sub sahariane.
Alla forte domanda del mercato orientale e africano si è contrapposta negli ultimi anni la significativa riduzione della spesa europea. Le importazioni del Vecchio Continente si sono ridotte del 20% nell’ultimo quinquennio a seguito di vari fattori a cominciare dalla conclusione del conflitto in Iraq e dal ridimensionamento della presenza militare in Afghanistan. Determinante, poi, l’effetto della crisi e dei conseguenti programmi di austerity. Negli ultimi 5 anni le importazioni di armi da parte dellaGrecia sono diminuite del 61% facendo precipitare il Paese dal 4° al 15° posto nella classifica delle importazioni del Pianeta.
E l’Italia? Nel rapporto Sipri non se ne parla ma i dati, ovviamente, non mancano. Tra il 1990 e il 2011, ricordano Duccio Facchini, Michele Sasso e Francesco Vignarca nel loro “Armi, un affare di Stato – Soldi, interessi, scenari di un business miliardario”, Roma ha autorizzato export di armamenti per 44 miliardi di euro. Tra il 2006 e il 2010, poi, la Penisola ha compensato da sola il 14% delle esportazioni europee (pari nel loro complesso a quasi 165 miliardi di euro). Un business di successo che ha coinvolto tanto il sistema bancario quanto la regina del settore, quella Finmeccanica protagonista negli ultimi due anni di una serie infinita di guai giudiziari.
martedì 12 marzo 2013
martedì 5 febbraio 2013
Il 25 Aprile ai partigiani, il 27 Gennaio alle vittime dell'Olocausto, l'8 Marzo alle donne e via dicendo.
Quanto è
ingiusto e grave incatenare eventi di importanza smisurata, idee e
persone morte e vive ad un Solo giorno preciso?
Premetto che
non voglio criticare il giorno della memoria e tanto meno l'atto
necessario del ricordare, ma riflettere sulle conseguenze che questa
"gabbia giornaliera" costruita attorno a tali eventi possa
determinare.
Appena tre
giorni fa televisioni e giornali hanno proposto una serie infinita di
film, documentari, interviste ed articoli che mostravano in tutte le
sfumature possibili le atrocità dell'olocausto. Tutti noi (e
purtroppo non tutti) ci siamo ricordati di ricordare quanto cattivo
sia stato l'essere umano e quanto male sia stato in grado di fare. Ci
siamo commossi davanti ad un film, ci siamo chiesti come sia stato
possibile di fronte a qualche documentario e ci siamo detti che cose
del genere non dovranno assolutamente riaccadere.
Ora, questo
credo sia anche giusto e necessario, credo sia importante
impressionarsi e non dimenticare mai, ma credo anche che un 27
Gennaio che ci "schiaffa" l'atroce in faccia e ci strappa
le lacrime dagli occhi in questo modo, assuma in primis la funzione
di "strumento di sfogo e di mea(in quanto essere umano) culpa
annuale" piuttosto che quella di dare alle persone la radicale e
vera volontà di opporsi agli stermini in generale (cosa a mio parere
molto più necessaria).
Cerco di
spiegarmi meglio.
Credo che se
il giorno della memoria esaurisca la sua infinita potenzialità nel
ricordo dell'olocausto e nell'arco di 24 ore allora la tragedia è
doppia. Credo che eventi del genere non debbano puntare i fari solo
sul singolo caso, bensì fare luce sull'essenza dell'atroce, aiutando
ad allargare lo sguardo su tutti i luoghi in cui esso si manifesta, a
maggior ragione ORA. Il giorno della memoria non deve servire solo a
ricordare che il nazi-fascismo ha compiuto un genocidio, ma deve
muovere le persone ad opporsi con forza a qualsiasi tipo di violenza
sull'umano.
Perché
altri stermini ed altre violenze sono in atto e serve a poco
ricordare il passato dimenticando il presente. Perché se fossimo
coerenti (e magari molti lo sono ed io lo spero con tutto il cuore)
staremmo male ogni volta che sentiamo di quel che sta avvenendo in
Siria, in Mali o vedendo che fine ha fatto la democrazia
"conquistata" dalla tanto esaltata primavera araba.
Non è
nemmeno mia intenzione dire che dovremmo passare le giornate a
piangere di fronte alla tv, ma che dovremmo essere radicali
nell'opporci all'atroce e radicali nell'andare a COMPRENDERNE le sue
CAUSE sì, assolutamente.
Altrimenti
tutto si esaurisce tristemente ad una pornografia della morte e del
male, che vengono relegati in tempo lontano, in mano a persone ben
precise e dei quali ci si ricorda per 24 ore all'anno.
A mio parere
il giorno della memoria, così come tutti gli altri giorni
importanti, oltre a farci ricordare ciò che è stato deve insegnarci
a guardare ciò che è ed a trovare le forme moderne di quei
paradigmi che hanno caratterizzato l'olocausto. E se il nazismo
prevedeva la superiorità di una razza considerata pura sulle altre,
oggi potrebbe essere la società globalizzata dell'estetica della
perfezione (concetto discutibile) che sottopone i suoi componenti a
raffiche disumane di volti e corpi ritenuti migliori di altri, con il
risultato di infiniti disagi. Certo, paragonare l'uccisione
programmata al disagio programmato è forse un po' azzardato, ma non
credo sia necessario aspettare le più tragiche ed irrimediabili
conseguenze per opporsi e denunciare. Inoltre nel mondo globalizzato
del mercato ogni evento ha una diffusione enormemente più ampia ed
altrettanto enormemente più subdola. Questo è solo un tentativo di
deduzione ma ce ne potrebbero essere molti altri.
Un paradosso
forte si può ritrovare nell'8 marzo, festa delle donne. Chi ricorda
cosa realmente è accaduto l'8 Marzo e chi invece coglie l'occasione
per sfamare il mostro del consumismo, festeggiando con uno spaventoso
vuoto di contenuti? A me risulta che era stato scelto l'8 Marzo in
memoria di 129 donne operaie morte a cause di un incendio (avvenuto
in realtà il 25 Marzo del 1911) che scoppiò nella fabbrica dove
lavoravano a New York. Non fu solo l'incendio ad ucciderle ma le
porte della fabbrica chiuse a chiave dai padroni (gli unici a
salvarsi) per evitare pause eccessive o furti, che impedirono loro di
fuggire. Queste persone lavoravano 12/14 ore al giorno guadagnando
pochissimo ed è stato fatto in modo tale che cose del genere non
avvenissero più....negli Stati Uniti. Perché nel resto del mondo
avvengono eccome! Un esempio recente è quello della famosa azienda
cinese Foxconn di IPHONE(della apple made U.S.A.) dove gli operai
costretti a lavorare le stesse ore di quelle donne a New York nel
1911, hanno dato vita ad alcune rivolte, prontamente soffocate. 14 di
loro si sono persino suicidati.
E allora io
non riesco a comprendere il senso di tutto questo.
Avvengono le
tragedie in casa nostra, le innalziamo a giorni della memoria, le
ricordiamo piangendo e poi le esportiamo all'estero per poter
continuare a consumare Noi il prodotto (PERCHé POI è PRINCIPALMENTE
L'OCCIDENTE A COMPRARE) ???
Quale valore
continua ad avere qualsiasi giorno della memoria in questi contesti
della contemporaneità?
Forse, se la
memoria non dà il coraggio alle persone di opporsi radicalmente a
360° a tutti i "derivati-evoluzioni" degli eventi che essa
ci ricorda, il suo significato appare vuoto, debole e persino un po'
falso.
Probabilmente
è un mio limite, ma credo che farei fatica a comprendere le ragioni
di chi per mandare un messaggio di auguri per la festa della donna
utilizzasse un Iphone, o di chi rimanesse sconvolto di fronte ad un
film sull'olocausto però accettando silenziosamente che ogni giorno
vengano bruciati quintali di cibo per non far crollare i prezzi del
(maledettissimo) mercato. Capisco che sarebbe quasi impossibile per
noi che apparteniamo a questa società slegarci completamente da
essa, ma cercare di fare il più possibile affinché atrocità ed
incongruenze inaccettabili non avvengano è necessario.
Anche per
riempire quei gesti istituzionali ai quali ci aggrappiamo per
ricordare di essere più buoni.
martedì 8 gennaio 2013
venerdì 4 gennaio 2013
Il Coraggio dell'Essere Lunare
Alla lettura del post precedente mi sovviene il ricordo di una notte più magica delle altre, su di un'isola selvaggia ma mai ostile, in compagnia di amici che sono pezzi di vita. Quella notte la Luna a me appariva così:
Maestosa sfera che schiva
la perfezione per scelta, mostri sempre il tuo volto semiurlante di
emozione. Chi può dire quale sia la tua indole animica? Nessuno sa
cosa nascondi né tanto meno perché lo fai.
Madre generosa offri luce
e occhi ai tuoi figli sempre più ciechi per ringraziarti. Chissà il
coraggio che trasmettevi a quell'uomo che col buio lottava per necessità,
che spaventato alla tua ciclica scomparsa si è sentito perduto.
Chissà che gioia il tuo rinascere lento, l'ansia dell'attesa, la
palpitazione del rivederti.
Fedele torni sempre, col
tuo fare calmo e rotondo di pienezza. Madre che però non vizia i
suoi figli, ma che esorta loro ad imparare il coraggio nell'oscuro, a
trovare la luce guida anche nel buio profondo, perché l'unico posto
che esiste realmente è dentro loro.
Non raccontarci mai il
tuo segreto Luna, nascondi e preserva il tuo lato oscuro. Serve agli
uomini ignoranti che pensano di poter capire tutto di tutto e di te,
mentre invece non comprendono nulla.
Che la tua parte occulta
possa essere il nostro limite.
Lo stupore alla Luna.
La luna si sa, ha affascinato da sempre poeti e cantori del Bello, vagabondi e passeggiatori temerari che sfidarono il freddo per volgere il naso all'insù. Perché, anch'esso è noto, le notti invernali, con il loro gelo vivificante, partecipative e contemplative ancor prima di entrare in quello stato sentimentale di ascolto per lo più inspiegabile a parole, accolgono l abbraccio alla luna in una dimensione del tutto speciale e magica. E' sempre stupefacente ed ogni volta nuovo perdercisi dentro, farla propria, meravigliarsi di cosa sia ed è questa volta diversamente malinconico staccarsi da una simile visione e coricarsi a casa, pur sapendo che essa ancora brilla e abita il cielo, pare di compiere un sacrilegio o qualcosa di comunque snaturato.
E' alla luce (tanto per rimanere in tema) di questa riflessione che mi è venuto alla mente uno scritto, che ben si accorda inoltre, a mio parere, al sottotitolo di questo blog - Perchè raramente di accorgiamo di ciò che accade attorno a noi - che qui vi riporto :
Per comprendere davvero, per conoscere qualcosa è necessaria l' emozione, o ancor meglio il sentimento. Bisogna ri-pensare ciò che credo di conoscere, che sia un fiore, un muro o l' amore di una vita.
Elucubrare arditamente, perchè nel farlo serve coraggio, forte che è il rischio di giungere alla soluzione che in realtà non si conosce nulla!
Smembrare e ripetere innumerevoli volte una parola, fino a Sentirne l' eco in fondo al cuore.
Ed ecco che, a cavallo del riverbero del proprio pensiero troveremo lo stupore, l' eroico stupore, la spia luminosa che ci segnala la meta, l' agognato punto di arrivo delle proprie congetture sulla realtà, la parvenza di una conoscenza, che dura un attimo e poi svanisce.
E' alla luce (tanto per rimanere in tema) di questa riflessione che mi è venuto alla mente uno scritto, che ben si accorda inoltre, a mio parere, al sottotitolo di questo blog - Perchè raramente di accorgiamo di ciò che accade attorno a noi - che qui vi riporto :
Per comprendere davvero, per conoscere qualcosa è necessaria l' emozione, o ancor meglio il sentimento. Bisogna ri-pensare ciò che credo di conoscere, che sia un fiore, un muro o l' amore di una vita.
Elucubrare arditamente, perchè nel farlo serve coraggio, forte che è il rischio di giungere alla soluzione che in realtà non si conosce nulla!
Smembrare e ripetere innumerevoli volte una parola, fino a Sentirne l' eco in fondo al cuore.
Ed ecco che, a cavallo del riverbero del proprio pensiero troveremo lo stupore, l' eroico stupore, la spia luminosa che ci segnala la meta, l' agognato punto di arrivo delle proprie congetture sulla realtà, la parvenza di una conoscenza, che dura un attimo e poi svanisce.
venerdì 28 dicembre 2012
Bipolo (-larismo)
La situazione è il classico treno caldo d'inverno. Due ragazze entrano parlando a voce alta nella cabina (era un cazzo di inter-city)
Nessuno.
Ma che cazzo c'avranno da urlare E stai calmo dai, non fare il vecchio
Vestite da fighette, una con una valigia Chi sei per giudicare?
rosa di Hello Kitty.
rosa di Hello Kitty.
Nessuno.
Ok, hai ragione parte perbenista di me; Aspetta e vedrai.
ma io almeno non ho una valigia di
Helo Kitty.
Helo Kitty.
Si siedono, tirano fuori gli I-phone. "io mi metto ad ascoltare la musica" , "io a leggere un libro"
Ambè, legge un libro! Avevi ragione! Te l'avevo detto.
"Ne ho tanti di libri su I-Books, adesso ho scaricato 50 sfumature di grigio." , "mi hanno detto che è bello, ma non l'ho mai letto"
Ma porca troia. ......
Che fai non dici più niente? ......
Rumore di sottofondo. Un tizio che dormiva si sveglia e chiede se possono fare più piano. Iniziano a mandarsi MESSAGGI con il cazzo di cellulare, a vicenda...pur stando a circa 86 cm di distanza.
....... ....
Ma mi spieghi tu chi cazzo ti credi di
essere?
Nessuno. Allora non pensare male. Hai avuto
prova che i luoghi comuni sono sempre
falsi.
Non sempre, spesso. Ti attacchi alle singole parole.
Fanculo! Fottiti.
Credo che ci voglia più Occhio che poi pecchi di orgoglio.
coraggio a dire quello che pensi
che a fare i perbenisti del cazzo.
Il treno si ferma. "stazione di senigallia". Sigaretta e si inizia a camminare. "appena arrivo a casa scrivo sta stronzata". Ora l'ho fatto. è una gran cosa il fare. Giulianova è alle spalle, ma anche nella mente. "Lugano addio, cantavi". E noi continuiamo a farlo.
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