giovedì 26 giugno 2014

Tutti erano e sono Testimoni

Uruguay batte Italia 1 a 0; sudamericani avanti, europei fuori. Notizia non troppo interessante. Interessante, però, potrebbe essere prendere il risultato di questa brutta partita di calcio, giocata in questi sporchi mondiali brasiliani, per tentare di raccontare qualcosa rispetto ai rispettivi cosiddetti “capi di stato” di questi due paesi: Josè Mujica e Giorgio Napolitano.

Così ieri sera avevo cominciato, con la voglia di scrivere un articolo che partisse dallo sport per arrivare molto velocemente alla politica. Poi, dopo aver selezionato informazioni, fonti e articoli che ho ritenuto utili al lavoro, sono andato a dormire, lasciando depositare il tutto, aspettando un'acqua più limpida. Questa mattina seguo con attenzione e scoramento una trasmissione radiofonica su Radio Tre, capace spesso di offrire contenuti di gran lunga migliori. Tema della discussione è la partita di ieri, vista però dall'ottica giornalistica-intellettuale, con la presentazione dei migliori articoli odierni sull'argomento, firmati dalle famose penne del giornalismo italiano. L'occasione per tracciare equivalenze tra l'Italia in Brasile e l'Italia in Italia è ghiotta, il parallelismo è semplice e, come me e meglio di me, anche queste penne ben più raffinate colgono la palla al balzo.
Incuriosito dall'idea comune e pronto a rubare spunti illuminanti, alzo il volume e affino l'udito. Purtroppo ci vuole molto poco per accorgermi che un copione fa da sfondo unico, e che tutti questi brillanti scrittori hanno avuto la stessa idea non solo nel fare il ponte tra calcio e politica, ma anche nel modo, nell'estetica e nella struttura di questo ponte.
La chiave più utilizzata è quella che getta l'arco tra la (ridicola) “rottamazione” di Renzi e quella che tocca fare dopo questa sconfitta alla nazionale azzurra. Così come Renzi il salvatore ha spazzato (promesso di spazzare sarebbe più corretto) la vecchia guardia della politica italiana (davvero?!?!), il futuro commissario tecnico & co dovranno fare lo stesso con i “senatori” della squadra.
Che tristezza. I cori unanime sono sempre i più brutti; fanno credere di giocare la partita da soli. Possibile che si riesca a vedere sempre la stessa faccia di questa storia dalle infinite sfaccettature?
La voglia di scrivere l'articolo mi passa. Senso di impotenza angosciante, che credo che abiti tutti i tifosi e giocatori dei saperi “subalterni”; su novanta minuti di partita al massimo si concede loro due minuti di recupero, giusto per non sentirsi dire che questo allenatore ha un modo dittatoriale. (Anche se forse le formazioni gliene passano dall'alto...).

Però è troppo bella la storia di Mujica per non raccontarla almeno in qualche parola; soprattutto poi se messa a confronto con quella di Napolitano!
Sarebbe bello chiedere al grande Giorgio Gaber di scriverci una canzone delle sue, di quelle parlate che partono piano, ti fanno ridere, e poi incalzano ed esplodono, e giù lacrime: “Qualcuno era rivoluzionario”, potrebbe chiamarsi. Rivoluzionario nel senso più bello e onorevole del termine. A voi l'indovinello...

Qualcuno era rivoluzionario (scusa Giorgio, non offenderti! [intendo Giorgio Gaber, ovviamente, non l'altro]) perché era nato da una famiglia di contadini e sapeva cosa significava essere parte del “proletariato”;
Qualcuno non era rivoluzionario perché era nato in una famiglia ricca, suo padre era avvocato, e i proletari li studiava o al massimo ci chiaccherava.

Qualcuno era rivoluzionario perché faceva parte del Movimento di Liberazione Nazionale Tupamaros (MLN-T), una guerriglia nata e rafforzatasi sulla scia della rivoluzione cubana dall'incontro tra il “Movimento di sostegno al contadino” (Movimiento de Apoyo al Campesino) e i sindacati, che ha lottato a difesa del popolo uruguaiano e contro la dittatura militare.
Qualcuno non era rivoluzionario perché era entrato a far parte del Partito Comunista italiano nel 1945, diventando deputato nel 1953 nella circoscrizione di Napoli e rimandoci fino al 1996. Nello stesso anno era divenuto ministro dell'interno nel governo Prodi e lo si ricorda soprattutto per la legge Turco-Napolitano del 1998 sui “centri di permanenza temporanea per gli immigrati clandestini”, un testo che viene definito come il padre della ben più famosa Legge Bossi-Fini (si veda http://www.huffingtonpost.it/giacomo-russo-spena/migranti-quei-lager-chiamati-cie-chiudiamoli_b_4607894.html ).

Qualcuno era rivoluzionario perché durante la dittatura militare è stato incarcerato assieme ai suoi compagni (soprattutto i nove capi del movimento) per circa quindici anni; la polizia uruguaiana, assieme a corpi speciali addestrati dallo statunitense “Office of Public Safety”, sferrò negli anni '70 un duro attacco nei confronti del movimento e, incarcerando i leader, ne minò le fondamenta.
Qualcuno non era rivoluzionario perché il suo passato all'interno del partito comunista lo fa ricordare più come uno di quelle persone che nascono all'interno di un partito, non rompono troppo le scatole a nessuno, e non escono più, nemmeno da morti. Nel PCI (vero) lo si ricorda soprattutto per essere uno dei “moderati” dei maggior peso che, dopo la morte di Togliatti, ha remato a favore dell'avvicinamento alla Democrazia Cristiana. Ah, dimenticavo! È ricordato anche per essere il primo dirigente del PCI ad aver ricevuto il visto per andare negli Stati Uniti!

Qualcuno era rivoluzionario perché durante la prigionia è stato dieci anni in totale isolamento, tenuto in condizione disumane. Per non impazzire ha cominciato a vivere nelle allucinazioni che inevitabilmente aveva. Questo gli permetteva di continuare a vivere. Quando le guardie e i dottori se ne accorsero provarono a riempirlo di psicofarmaci per togliergli anche le allucinazioni; lui finse di prenderli ma non li ingoiava.
Qualcuno non era un rivoluzionario perché l'invito ufficiale per entrare all'interno delle vere cariche politiche lo ricevette anche grazie all'interessamento di un tal Giulio Andreotti.

Qualcuno era un rivoluzionario perché durante la guerriglia contro i militari, questi lo colpirono con sei pallottole; il medico che lo soccorse disse: “Che coglioni che ha X, si afferrava alla barella e diceva: 'non mi lasciate morire, io sono un combattente'. Gli abbiamo dato tredici litri di sangue, che coglioni che ha”.
Qualcuno non era un rivoluzionario perché durante il suo incarico di ministro degli interni, nel 1998, non riuscì a evitare la fuga all'estero del celebre “maestro venerabile” della loggia massonica P2 Licio Gelli, evaso dal carcere “solo” quindici anni prima, nel 1983. Per questo il filosofo Paolo Flores D'Arcais ne chiese le dimissioni.

Si potrebbe andare molto oltre con questa stesura (orgogliosa di essere di parte) dei perché uno “era” e l'altro “non era”. Vi invito a cercare altre storie sul passato di questi due signori anziani e importanti. Passiamo però ora al presente. Tutto si fa ancora più interessante quando arriviamo all'oggi. Come vivono e agiscono questi due capi di stato, almeno dall'inizio dei loro incarichi?

Di nuovo scusa, Giorgio G.!

Qualcuno è un rivoluzionario perché vive in una fattoria con quattro stanze, una cucina, una stufa a legna e una marea di animali. Ha un bel campo che lavora la domenica, quando può riposarsi dal lavoro di presidente, e offre asilo a due famiglie che non sapevano più come fare a vivere ed erano andate a chiedergli aiuto. È possibile incontrare talvolta due signori all'ingresso, quando sono previsti incontri con la stampa e simili.
Qualcuno non è un rivoluzionario perché vive in un palazzo con circa 1200 stanze e 1720 dipendenti (da notare un importante miglioramento, poiché nel 2006 il personale contava 2181 persone!).

Qualcuno è rivoluzionario perché percepisce 12'000 dollari al mese ma ne prende il 90%....90%...cioè 90 su 100, e lo deposita in un fondo di assistenza per chi ne ha più bisogno. I funzionari del suo governo hanno un tetto di 1'900 dollari, ciò vuol dire che la maggior parte di loro percepisce il 35% del proprio stipendio, mentre il resto va nel Fondo Raúl Sendic, che concede microcrediti a progetti per lo più di cooperative, senza interessi, senza firmare carte e senza la richiesta di appartenere al Movimento, e a un fondo di solidarietà con cui si presta soccorso ai militanti dell'MPP che stanno attraversando un momento di emergenza economica (si veda http://www.jacopofo.com/-la-vera-incredibile-storia-jose-pepe-mujica-presidente-uruguay).
Qualcuno non è rivoluzionario perché guadagna 239'000 euro all'anno (c'è da dire che sono però lordi e che, a differenza di molti altri politici del suo paese, quest'uomo non prende altre pensioni e vitalizi vari) e il suo palazzo col suo personale costa 228 milioni...milioni...di euro all'anno. Però, perché c'è un però, nel 2009 costava 3,2 milioni in più, quindi 231,2..milioni. Grandi balzi in avanti. Di queste spese si possono registrare almeno 30 milioni di euro per la sicurezza: poliziotti, carabinieri e corazzieri. Ma in un certo modo anche lui è un po' contadino: infatti 157 mila euro vanno per l'acquisto di macchine agricole e del bestiame della splendida tenuta che gli è concessa. (si veda http://www.huffingtonpost.it/2013/02/02/giorgio-napolitano-pubblica-su-internet-il-bilancio-del-quirinale_n_2606256.html e http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/12/napolitano-793-uomini-per-la-sicurezza-del-quirinale-costano-40-milioni-allanno/947390/).

Qualcuno è rivoluzionario perché nell'Agosto del 2013 ha firmato la legge per la legalizzazione del matrimonio gay che, al di là dei discorsi di giustizia e diritti, ha considerato come un semplice e palese riconoscimento della realtà.
Qualcuno non è rivoluzionario perché nello stesso anno, 2013, per risolvere l'immobilità del governo del suo paese ha creato il famoso gruppo dei “saggi”, composto da personaggi che rappresentavano alla perfezione lo stato pessimo della politica italiana e che hanno risolto i problemi del governo con diverse.....cosa?? Cosa hanno fatto i “saggi”? Cerco informazioni sul loro operato; a me risulta molto simile al nulla. Se ne avete contattatemi, grazie! P.s. : da sottolineare il fatto che uno degli stessi “saggi”, incastrato da una telefonata, ha dichiarato che essi altro non erano se non un modo per prendere tempo, totalmente inutili. (Si veda http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/30/dieci-saggi-nominato-da-napolitano-schede/547507/ e http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/04/onida-saggi-di-napolitano-inutili-presto-si-torna-a-votare/551707/).

Qualcuno è rivoluzionario perché ha sostenuto con forza la legge per l'aborto.
Qualcuno non è rivoluzionario perché ha sostenuto con forza un governo disgustoso di larghe intese. Di buono c'è che certe unioni di fatto, sempre nascoste e negate, sono state finalmente palesate!

Qualcuno è rivoluzionario perché nel corso sua presidenza la povertà del paese è passata dal 37% all'11%.
Qualcuno non è rivoluzionario perché nel corso della sua presidenza la povertà del paese è aumentata, la disoccupazione è aumentata, il debito pubblico è aumentato, il consumo di psicofarmaci è aumentato, i suicidi sono aumentati, mentre la percentuale di persone che detengono quasi la metà della ricchezza totale è diminuito: al 10% della popolazione il 46,6% della ricchezza. (Si veda http://www.repubblica.it/economia/2014/01/27/news/bankitalia_povert_famiglie-77044006/). Non sarà certo colpa sua, però...

Qualcuno è rivoluzionario perché ha sostenuto una seria lotta per la legalizzazione della marijuana, e non in nome di una qualche libertà spicciola come spesso se ne parla, ma per provare una nuova strada che colpisca profondamente il mercato dei narcotrafficanti, controllando e gestendo un consumo che avverrebbe comunque per vie illegali e ben meno sicure.
Qualcuno non è rivoluzionario perché la legge Turco-Napolitano è considerata madre della Bossi-Fini....quindi!

Qualcuno è rivoluzionario perché sa benissimo e ammette pubblicamente che il capitalismo e il mercato “scorretti” esistono anche nel suo paese e che il suo potere può ben poco contro l'andamento del mondo globalizzato; ma nonostante questo si oppone e propone assieme al suo governo forme di regolamentazione vere, oneste, che non fungono da specchi per le allodole ma da salvagenti per la gente. Pensa in primis al suo popolo e non alla finanza globale di 'sto cazzo, alle agenzie di rating che declassano o ai patti di stabilità che dichiarano esplicitamente: “Dissangueremo i cittadini ed elimineremo i loro servizi per far sì che i conti tornino...a noi”. (Si veda http://www.libreidee.org/2013/03/fiscal-compact-guarino-il-pareggio-di-bilancio-e-illegale/).
Qualcuno non è rivoluzionario perché, oltre spendere parole e pensieri più per i patti di stabilità assassini, agenzie di rating e mercati finanziari che per i cittadini, nel suo paese è in corso il terzo governo consecutivo instaurato non democraticamente tramite elezioni. Mettetela come volete ma è dal 2011 che delle elezioni non determinano il governo. Crea qualche brivido, ma l'ultimo governo eletto con elezioni è un governo Berlusconi. Come ricorda il filosofo Giorgio Agamben, lo “stato d'eccezione” è una sospensione legalizzata del diritto, e se prolungato non è proprio un grande risultato per la democrazia.

Qualcuno è rivoluzionario perché quando i giornalisti gli chiedono il perché del suo vivere in condizioni di povertà, lui risponde che non è povero chi vive con poco, ma chi ha bisogno di troppo e vive continuamente nell'insoddisfazione. Dice che lui vive benissimo con quello che ha, che supera di gran lunga ciò che hanno molti suoi concittadini.
Qualcuno non è rivoluzionario perché ogni qualvolta nel suo paese scoppiano scandali da far rabbrividire la gente e da far sorgere domande del tipo “ma noi qua cosa ci stiamo a fare?!”, si guarda bene dal condannare o dal prendere una posizione esplicita a riguardo. Più che altro sputa qualche frase fatta, elude, insabbia. Non gli si chiede di mettere in galera o sparare a qualcuno, ma di parteggiare, e non in nome di una fazione piuttosto che di un'altra, ma di un principio, almeno. Invece nel suo paese tutti menano a destra e a manca (ma soprattutto a manca, lato del presidente, in teoria) la storia dei partigiani, e poi nessuno parteggia più per niente, se non per le bugie, per i centri, per i rimandi, per la tristezza.

La tristezza, appunto, che mi coglie quando mi viene in mente che queste parole, questo gioco di opposti, alla fine mi sembra che non vogliano dire nulla. Tristezza che mi coglie quando sento che le mie idee si imbruttiscono perché rimangono mie e rimangono sole, con me; io e loro, qualcuno ascolta, qualcuno no, ma pochi, sempre poche persone. Anche i discordanti sono pochi, così come quelli che invece sono d'accordo. Ma se pochi sono d'accordo e pochi in disaccordo, i tanti dove cazzo sono??? C'è la partita in qualche bar nascosto? Rigiocano Italia – Uruguay perché ormai la federazione aveva speso per venti giorni di soggiorno brasiliano circa 5 milioni di euro e gli scocciava andare già via??? (Spese non a carico dei contribuenti, tranquilli!).
Non so...
Mi viene in mente un'unica cosa: l'esperienza della testimonianza. Uno può essere rivoluzionario, non rivoluzionario, o quello che più gli piace, ma quel che ormai a me interessa è la sua testimonianza. Tu, il tuo agire, le tue parole, le tue scelte, quello che mi fai vedere e quello che nascondi, il tuo modo di presenziare nel mondo; cosa mi dicono queste cose? Nella speranza che scricchiola, nella precarietà più totale e sempre più profonda, nella lucida analisi realista di un futuro che sorride ai più “brutali”, la mano della testimonianza tiene lontana la deriva nichilista.

È chiaro che uno non è un angelo eroe e l'altro non è un mostro terribile. Molto più semplicemente uno è testimone di qualcosa; l'altro non è testimone della stessa cosa, lo è di qualcos'altro.
A voi la scelta della preferenza. (Ops! Ma si possono mettere le preferenze? O possiamo scegliere solo il gruppo di appartenenza e poi le persone le scelgono loro?)

Il gruppo dell'uno era ed è composto da persone del tipo: “l'ultima cosa che posso dire è che furono gli anni più belli della nostra vita. Non abbiamo mai fatto i nostri interessi. Abbiamo dato tutto. E adesso viviamo in un esercizio di interrogazione periodica con quel ragazzino che siamo stati a vent'anni. Io non voglio fare a sessant'anni cose che mi sarei vergognato di fare a venti. Voglio andarmene dalla vita senza amputare delle parti di me stesso. Forse agli altri compagni succede la stessa cosa”. (Trovo che “l'esercizio di interrogazione periodica con quel ragazzino che siamo stati a vent'anni” sia qualcosa di meraviglioso).
Il gruppo dell'altro era ed è composto da persone del tipo: ….lasciamo perdere....



25/06/2014