Uruguay
batte Italia 1 a 0; sudamericani avanti, europei fuori. Notizia non
troppo interessante. Interessante, però, potrebbe essere prendere il
risultato di questa brutta partita di calcio, giocata in questi
sporchi mondiali brasiliani, per tentare di raccontare qualcosa
rispetto ai rispettivi cosiddetti “capi di stato” di questi due
paesi: Josè Mujica e Giorgio Napolitano.
Così
ieri sera avevo cominciato, con la voglia di scrivere un articolo che
partisse dallo sport per arrivare molto velocemente alla politica.
Poi, dopo aver selezionato informazioni, fonti e articoli che ho
ritenuto utili al lavoro, sono andato a dormire, lasciando depositare
il tutto, aspettando un'acqua più limpida. Questa mattina seguo con
attenzione e scoramento una trasmissione radiofonica su Radio Tre,
capace spesso di offrire contenuti di gran lunga migliori. Tema della
discussione è la partita di ieri, vista però dall'ottica
giornalistica-intellettuale, con la presentazione dei migliori
articoli odierni sull'argomento, firmati dalle famose penne del
giornalismo italiano. L'occasione per tracciare equivalenze tra
l'Italia in Brasile e l'Italia in Italia è ghiotta, il parallelismo
è semplice e, come me e meglio di me, anche queste penne ben più
raffinate colgono la palla al balzo.
Incuriosito
dall'idea comune e pronto a rubare spunti illuminanti, alzo il volume
e affino l'udito. Purtroppo ci vuole molto poco per accorgermi che un
copione fa da sfondo unico, e che tutti questi brillanti scrittori
hanno avuto la stessa idea non solo nel fare il ponte tra calcio e
politica, ma anche nel modo, nell'estetica e nella struttura di
questo ponte.
La
chiave più utilizzata è quella che getta l'arco tra la (ridicola)
“rottamazione” di Renzi e quella che tocca fare dopo questa
sconfitta alla nazionale azzurra. Così come Renzi il salvatore ha
spazzato (promesso di spazzare sarebbe più corretto) la vecchia
guardia della politica italiana (davvero?!?!), il futuro commissario
tecnico & co dovranno fare lo stesso con i “senatori” della
squadra.
Che
tristezza. I cori unanime sono sempre i più brutti; fanno credere di
giocare la partita da soli. Possibile che si riesca a vedere sempre
la stessa faccia di questa storia dalle infinite sfaccettature?
La
voglia di scrivere l'articolo mi passa. Senso di impotenza
angosciante, che credo che abiti tutti i tifosi e giocatori dei
saperi “subalterni”; su novanta minuti di partita al massimo si
concede loro due minuti di recupero, giusto per non sentirsi dire che
questo allenatore ha un modo dittatoriale. (Anche se forse le
formazioni gliene passano dall'alto...).
Però
è troppo bella la storia di Mujica per non raccontarla almeno in
qualche parola; soprattutto poi se messa a confronto con quella di
Napolitano!
Sarebbe
bello chiedere al grande Giorgio Gaber di scriverci una canzone delle
sue, di quelle parlate che partono piano, ti fanno ridere, e poi
incalzano ed esplodono, e giù lacrime: “Qualcuno era
rivoluzionario”, potrebbe chiamarsi. Rivoluzionario nel senso più
bello e onorevole del termine. A voi l'indovinello...
Qualcuno
era rivoluzionario (scusa Giorgio, non offenderti! [intendo Giorgio
Gaber, ovviamente, non l'altro]) perché era nato da una famiglia di
contadini e sapeva cosa significava essere parte del “proletariato”;
Qualcuno
non era rivoluzionario perché era nato in una famiglia ricca, suo
padre era avvocato, e i proletari li studiava o al massimo ci
chiaccherava.
Qualcuno
era rivoluzionario perché faceva parte del Movimento
di Liberazione Nazionale Tupamaros (MLN-T), una guerriglia nata e
rafforzatasi sulla scia della rivoluzione cubana dall'incontro tra il
“Movimento di sostegno al contadino” (Movimiento de Apoyo al
Campesino) e i sindacati, che ha lottato a difesa del popolo
uruguaiano e contro la dittatura militare.
Qualcuno
non era rivoluzionario perché era entrato a far parte del Partito
Comunista italiano nel 1945, diventando deputato nel 1953 nella
circoscrizione di Napoli e rimandoci fino al 1996. Nello stesso anno
era divenuto ministro dell'interno nel governo Prodi e lo si ricorda
soprattutto per la legge Turco-Napolitano del 1998 sui “centri di
permanenza temporanea per gli immigrati clandestini”, un testo che
viene definito come il padre della ben più famosa Legge Bossi-Fini
(si veda
http://www.huffingtonpost.it/giacomo-russo-spena/migranti-quei-lager-chiamati-cie-chiudiamoli_b_4607894.html
).
Qualcuno
era rivoluzionario perché durante la dittatura militare è stato
incarcerato assieme ai suoi compagni (soprattutto i nove capi del
movimento) per circa quindici anni; la polizia uruguaiana, assieme a
corpi speciali addestrati dallo statunitense “Office of Public
Safety”, sferrò negli anni '70 un duro attacco nei confronti del
movimento e, incarcerando i leader, ne minò le fondamenta.
Qualcuno
non era rivoluzionario perché il suo passato all'interno del partito
comunista lo fa ricordare più come uno di quelle persone che nascono
all'interno di un partito, non rompono troppo le scatole a nessuno, e
non escono più, nemmeno da morti. Nel PCI (vero) lo si ricorda
soprattutto per essere uno dei “moderati” dei maggior peso che,
dopo la morte di Togliatti, ha remato a favore dell'avvicinamento
alla Democrazia Cristiana. Ah, dimenticavo! È ricordato anche per
essere il primo dirigente del PCI ad aver ricevuto il visto per
andare negli Stati Uniti!
Qualcuno
era rivoluzionario perché durante la prigionia è stato dieci anni
in totale isolamento, tenuto in condizione disumane. Per non
impazzire ha cominciato a vivere nelle allucinazioni che
inevitabilmente aveva. Questo gli permetteva di continuare a vivere.
Quando le guardie e i dottori se ne accorsero provarono a riempirlo
di psicofarmaci per togliergli anche le allucinazioni; lui finse di
prenderli ma non li ingoiava.
Qualcuno
non era un rivoluzionario perché l'invito ufficiale per entrare
all'interno delle vere cariche politiche lo ricevette anche grazie
all'interessamento di un tal Giulio Andreotti.
Qualcuno
era un rivoluzionario perché durante la guerriglia contro i
militari, questi lo colpirono con sei pallottole; il medico che lo
soccorse disse: “Che coglioni che ha X, si afferrava alla barella e
diceva: 'non mi lasciate morire, io sono un combattente'. Gli abbiamo
dato tredici litri di sangue, che coglioni che ha”.
Qualcuno
non era un rivoluzionario perché durante il suo incarico di ministro
degli interni, nel 1998, non riuscì a evitare la fuga all'estero del
celebre “maestro venerabile” della loggia massonica P2 Licio
Gelli, evaso dal carcere “solo” quindici anni prima, nel 1983.
Per questo il filosofo Paolo Flores D'Arcais ne chiese le dimissioni.
Si
potrebbe andare molto oltre con questa stesura (orgogliosa di essere
di parte) dei perché uno “era” e l'altro “non era”. Vi
invito a cercare altre storie sul passato di questi due signori
anziani e importanti. Passiamo però ora al presente. Tutto si fa
ancora più interessante quando arriviamo all'oggi. Come vivono e
agiscono questi due capi di stato, almeno dall'inizio dei loro
incarichi?
Di
nuovo scusa, Giorgio G.!
Qualcuno
è un rivoluzionario perché vive in una fattoria con quattro stanze,
una cucina, una stufa a legna e una marea di animali. Ha un bel campo
che lavora la domenica, quando può riposarsi dal lavoro di
presidente, e offre asilo a due famiglie che non sapevano più come
fare a vivere ed erano andate a chiedergli aiuto. È possibile
incontrare talvolta due signori all'ingresso, quando sono previsti
incontri con la stampa e simili.
Qualcuno
non è un rivoluzionario perché vive in un palazzo con circa 1200
stanze e 1720 dipendenti (da notare un importante miglioramento,
poiché nel 2006 il personale contava 2181 persone!).
Qualcuno
è rivoluzionario perché percepisce 12'000 dollari al mese ma ne
prende il 90%....90%...cioè 90 su 100, e lo deposita in un fondo di
assistenza per chi ne ha più bisogno. I funzionari del suo governo
hanno un tetto di 1'900 dollari, ciò vuol dire che la maggior parte
di loro percepisce il 35% del proprio stipendio, mentre il resto va
nel Fondo
Raúl Sendic, che concede microcrediti a progetti per lo più di
cooperative, senza interessi, senza firmare carte e senza la
richiesta di appartenere al Movimento, e a un fondo di solidarietà
con cui si presta soccorso ai militanti dell'MPP che stanno
attraversando un momento di emergenza economica (si veda
http://www.jacopofo.com/-la-vera-incredibile-storia-jose-pepe-mujica-presidente-uruguay).
Qualcuno
non è rivoluzionario perché guadagna 239'000 euro all'anno (c'è da
dire che sono però lordi e che, a differenza di molti altri politici
del suo paese, quest'uomo non prende altre pensioni e vitalizi vari)
e il suo palazzo col suo personale costa 228 milioni...milioni...di
euro all'anno. Però, perché c'è un però, nel 2009 costava 3,2
milioni in più, quindi 231,2..milioni. Grandi balzi in avanti. Di
queste spese si possono registrare almeno 30 milioni di euro per la
sicurezza: poliziotti, carabinieri e corazzieri. Ma in un certo modo
anche lui è un po' contadino: infatti 157 mila euro vanno per
l'acquisto di macchine agricole e del bestiame della splendida tenuta
che gli è concessa. (si veda
http://www.huffingtonpost.it/2013/02/02/giorgio-napolitano-pubblica-su-internet-il-bilancio-del-quirinale_n_2606256.html
e
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/12/napolitano-793-uomini-per-la-sicurezza-del-quirinale-costano-40-milioni-allanno/947390/).
Qualcuno
è rivoluzionario perché nell'Agosto del 2013 ha firmato la legge
per la legalizzazione del matrimonio gay che, al di là dei discorsi
di giustizia e diritti, ha considerato come un semplice e palese
riconoscimento della realtà.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché nello stesso anno, 2013, per risolvere
l'immobilità del governo del suo paese ha creato il famoso gruppo
dei “saggi”, composto da personaggi che rappresentavano alla
perfezione lo stato pessimo della politica italiana e che hanno
risolto i problemi del governo con diverse.....cosa?? Cosa hanno
fatto i “saggi”? Cerco informazioni sul loro operato; a me
risulta molto simile al nulla. Se ne avete contattatemi, grazie! P.s.
: da sottolineare il fatto che uno degli stessi “saggi”,
incastrato da una telefonata, ha dichiarato che essi altro non erano
se non un modo per prendere tempo, totalmente inutili. (Si veda
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/30/dieci-saggi-nominato-da-napolitano-schede/547507/
e
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/04/onida-saggi-di-napolitano-inutili-presto-si-torna-a-votare/551707/).
Qualcuno
è rivoluzionario perché ha sostenuto con forza la legge per
l'aborto.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché ha sostenuto con forza un governo
disgustoso di larghe intese. Di buono c'è che certe unioni di fatto,
sempre nascoste e negate, sono state finalmente palesate!
Qualcuno
è rivoluzionario perché nel corso sua presidenza la povertà del
paese è passata dal 37% all'11%.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché nel corso della sua presidenza la
povertà del paese è aumentata, la disoccupazione è aumentata, il
debito pubblico è aumentato, il consumo di psicofarmaci è
aumentato, i suicidi sono aumentati, mentre la percentuale di persone
che detengono quasi la metà della ricchezza totale è diminuito: al
10% della popolazione il 46,6% della ricchezza. (Si veda
http://www.repubblica.it/economia/2014/01/27/news/bankitalia_povert_famiglie-77044006/).
Non sarà certo colpa sua, però...
Qualcuno
è rivoluzionario perché ha sostenuto una seria lotta per la
legalizzazione della marijuana, e non in nome di una qualche libertà
spicciola come spesso se ne parla, ma per provare una nuova strada
che colpisca profondamente il mercato dei narcotrafficanti,
controllando e gestendo un consumo che avverrebbe comunque per vie
illegali e ben meno sicure.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché la legge Turco-Napolitano è
considerata madre della Bossi-Fini....quindi!
Qualcuno
è rivoluzionario perché sa benissimo e ammette pubblicamente che il
capitalismo e il mercato “scorretti” esistono anche nel suo paese
e che il suo potere può ben poco contro l'andamento del mondo
globalizzato; ma nonostante questo si oppone e propone assieme al suo
governo forme di regolamentazione vere, oneste, che non fungono da
specchi per le allodole ma da salvagenti per la gente. Pensa in
primis al suo popolo e non alla finanza globale di 'sto cazzo, alle
agenzie di rating che declassano o ai patti di stabilità che
dichiarano esplicitamente: “Dissangueremo i cittadini ed
elimineremo i loro servizi per far sì che i conti tornino...a noi”.
(Si veda
http://www.libreidee.org/2013/03/fiscal-compact-guarino-il-pareggio-di-bilancio-e-illegale/).
Qualcuno
non è rivoluzionario perché, oltre spendere parole e pensieri più
per i patti di stabilità assassini, agenzie di rating e mercati
finanziari che per i cittadini, nel suo paese è in corso il terzo
governo consecutivo instaurato non democraticamente tramite elezioni.
Mettetela come volete ma è dal 2011 che delle elezioni non
determinano il governo. Crea qualche brivido, ma l'ultimo governo
eletto con elezioni è un governo Berlusconi. Come ricorda il
filosofo Giorgio Agamben, lo “stato d'eccezione” è una
sospensione legalizzata del diritto, e se prolungato non è proprio
un grande risultato per la democrazia.
Qualcuno
è rivoluzionario perché quando i giornalisti gli chiedono il perché
del suo vivere in condizioni di povertà, lui risponde che non è
povero chi vive con poco, ma chi ha bisogno di troppo e vive
continuamente nell'insoddisfazione. Dice che lui vive benissimo con
quello che ha, che supera di gran lunga ciò che hanno molti suoi
concittadini.
Qualcuno
non è rivoluzionario perché ogni qualvolta nel suo paese scoppiano
scandali da far rabbrividire la gente e da far sorgere domande del
tipo “ma noi qua cosa ci stiamo a fare?!”, si guarda bene dal
condannare o dal prendere una posizione esplicita a riguardo. Più
che altro sputa qualche frase fatta, elude, insabbia. Non gli si
chiede di mettere in galera o sparare a qualcuno, ma di parteggiare,
e non in nome di una fazione piuttosto che di un'altra, ma di un
principio, almeno. Invece nel suo paese tutti menano a destra e a
manca (ma soprattutto a manca, lato del presidente, in teoria) la
storia dei partigiani, e poi nessuno parteggia più per niente, se
non per le bugie, per i centri, per i rimandi, per la tristezza.
La
tristezza, appunto, che mi coglie quando mi viene in mente che queste
parole, questo gioco di opposti, alla fine mi sembra che non vogliano
dire nulla. Tristezza che mi coglie quando sento che le mie idee si
imbruttiscono perché rimangono mie e rimangono sole, con me; io e
loro, qualcuno ascolta, qualcuno no, ma pochi, sempre poche persone.
Anche i discordanti sono pochi, così come quelli che invece sono
d'accordo. Ma se pochi sono d'accordo e pochi in disaccordo, i tanti
dove cazzo sono??? C'è la partita in qualche bar nascosto? Rigiocano
Italia – Uruguay perché ormai la federazione aveva speso per venti
giorni di soggiorno brasiliano circa 5 milioni di euro e gli
scocciava andare già via??? (Spese non a carico dei contribuenti,
tranquilli!).
Non
so...
Mi
viene in mente un'unica cosa: l'esperienza della testimonianza. Uno
può essere rivoluzionario, non rivoluzionario, o quello che più gli
piace, ma quel che ormai a me interessa è la sua testimonianza. Tu,
il tuo agire, le tue parole, le tue scelte, quello che mi fai vedere
e quello che nascondi, il tuo modo di presenziare nel mondo; cosa mi
dicono queste cose? Nella speranza che scricchiola, nella precarietà
più totale e sempre più profonda, nella lucida analisi realista di
un futuro che sorride ai più “brutali”, la mano della
testimonianza tiene lontana la deriva nichilista.
È
chiaro che uno non è un angelo eroe e l'altro non è un mostro
terribile. Molto più semplicemente uno è testimone di qualcosa;
l'altro non è testimone della stessa cosa, lo è di qualcos'altro.
A
voi la scelta della preferenza. (Ops! Ma si possono mettere le
preferenze? O possiamo scegliere solo il gruppo di appartenenza e poi
le persone le scelgono loro?)
Il
gruppo dell'uno era ed è composto da persone del tipo: “l'ultima
cosa che posso dire è che furono gli anni più belli della nostra
vita. Non abbiamo mai fatto i nostri interessi. Abbiamo dato tutto. E
adesso viviamo in un esercizio di interrogazione periodica con quel
ragazzino che siamo stati a vent'anni. Io non voglio fare a
sessant'anni cose che mi sarei vergognato di fare a venti. Voglio
andarmene dalla vita senza amputare delle parti di me stesso. Forse
agli altri compagni succede la stessa cosa”. (Trovo che
“l'esercizio di interrogazione periodica con quel ragazzino che
siamo stati a vent'anni” sia qualcosa di meraviglioso).
Il
gruppo dell'altro era ed è composto da persone del tipo: ….lasciamo
perdere....
(Una
bella intervista: https://www.youtube.com/watch?v=iC4eIUFSO2g)
25/06/2014