«Nelle
società tradizionali con Stato monarchico ogni cambiamento di regno
provoca un vero e proprio "ritorno agli inizi" »,
sostiene Georges Balandier, sociologo ed antropologo noto per le sue
ricerca nel continente africano, nel suo libro Antropologia
politica.
Questa
affermazione apparentemente lontana a noi e ai nostri problemi nel
tempo come nello spazio, diventa un'occasione imperdibile per quei
cultori della provocazione che provano un irresistibile attrazione
verso quel che qui chiameremo “parallelismi s-forzati”.
Parlando
di rituali di inversione, di ribellione drammatizzata e di momenti di
transizione del potere detti “interregni”, il nostro studioso ci
mette al corrente che presso i greci antichi i Kronia provocavano un
ribaltamento dei rapporti di autorità che aveva come fine quello di
ristabilire l'ordine sociale, rafforzando maggiormente il potere
centrale. Lo stesso accadeva con i Saturnalia romani: nel rituale un
schiavo doveva interpretare il ruolo del cosiddetto “re per
scherzo” ed annunciare uno stravolgimento dei rapporti di forza. La
cosa veniva associata al disordine pericoloso e spaventava molto la
società intera che finiva per desiderare un'unica cosa: il ritorno
al regno delle regole.
Questo
tipo di rituali sono stati riscontrati poi in Africa, soprattutto in
quelli Stati definiti “poco stabili” (definizione che già tende
ad avvicinarsi alla nostra posizione).
Pensate
che presso gli swazi, popolo dell'Africa del sud, si svolge un
rituale annuale che vuole mettere in crisi la posizione del re in
carica. Questo diventa oggetto di insulti ed odio da parte del
popolo, ed allo stesso tempo viene esaltato ed apprezzato dai membri
dei clan regali e dai guerrieri. Il re a questo punto, sballottato
tra la volontà popolare e quella dei suoi uomini fidati pieni di
buoni interessi a volerlo ancora sul trono, si finge perplesso e fa
il prezioso (e l'odore d' Italia si fa più intenso).
Il
re non sa chi ascoltare, perché la folla grida e fa paura, e così
esita a riprendere il proprio posto a capo della nazione; poi
finalmente il caldo sole africano lo scioglie ed egli cede alle
richieste dei suoi che, credo io, abbiano fatto appello alla sua
competenza, la sua esperienza, la criticità della situazione, la
paura del peggio (odore d'Italia ormai chiaro). Giochi fatti e potere
ristabilito. Questo rituale chiamato incwala, secondo gli studiosi,
serve a liberare ritualmente le forze contestatarie ed a convertirle
in fattori di unità e sicurezza, e pare funzionare benissimo!
Ci
sarebbero molti altri esempi da fare ma credo sia arrivato il momento
di azzardare il parallelismo di cui parlavo in precedenza. Vi pongo
una domanda: pensando ai momenti di transizione del potere, alle urla
realmente drammatiche ma anche cavalcate e strumentalizzate del
popolo, ai re esitanti, che pacati annunciano un inevitabile addio e
che poi tornano improvvisamente, con colpi di reni degni dei migliori
atleti, giustificati da situazioni di gravità apocalittica che
nessun altro potrebbe mai risolvere; pensando alla chiamata corale
della pluristuprata responsabilità, pensando a tutti gli
uomini/donne del re che lo pregano a gran voce di tornare elogiando
la sua grandezza; pensando a queste cose che caratterizzano lo
svolgimento e la distribuzione del potere politico nel Stati “poco
stabili” africani, dai noi prontamente giudicati primitivi e
barbari, non vi viene in mente che cose del genere in una democrazia
modernista, progressista, avanguardista ma anche un po'
conservatrice, liberista ma anche lievemente socialista (e tutto quel
che Gaber ha già detto in altra sede), non potrebbero succedere mai
e poi mai?!?! Non trovate ridicolo per noi, così sviluppati e
giusti, vedere l'unica vera volontà espressa dalla maggioranza del
paese, quella di un cambiamento di rotta, di modi, di pensiero e di
azione, di un cambiamento necessario per tutti, economisti e
filosofi, operai e contadini, imprenditori e impiegati, presa a calci
da uomini marci e privi di un briciolo di lungimiranza? Uomini dotati
di un coraggio a me sconosciuto, in grado di sputare menzogne con
facilità disumana, che deliranti camminano, o meglio corrono, fianco
a fianco al proprio assassino: la loro rigidità, la loro tracotanza.
Allora
noi ci ritroviamo così, al secondo governo consecutivo che non
risponde alla volontà dei cittadini, e non per mancanza di
responsabilità di qualcuno come ci hanno detto, ma perché è così
che doveva essere; perché il potere difende in primis se stesso, con
la presunzione di essere l'unico a poter risolvere i problemi; perché
i veri cambiamenti fanno così paura che è preferibile inseguire un
mito suicida piuttosto che provare ad ascoltare parole differenti.
Abbiamo
avuto il nostro sfogo di ribellione, la gente è andata in piazza, si
sono viste cose bellissime, elettori di partiti diversi uniti nella
protesta a quel potere ottuso che non ha schieramento, indifferente,
capace di parteggiare solo per se stesso. Ci hanno detto che è colpa
degli irresponsabili, del movimento 5 stelle che dice di no a tutto,
e per carità, errori ne hanno commessi anche loro; ma per favore non
crediamo che qualcuno abbia davvero chiesto loro una collaborazione.
A loro sono stati chiesti voti di fiducia e basta, cosa completamente
differente, e la dimostrazione ce l'ha data la ri-elezione del re,
non africano ma simile nelle dinamiche, Giorgio.
Sembravano
sul punto di cambiare ogni cosa, un Partito Democratico nuovo,
giovane, consapevole dei passati errori, un Movimento popolare nuovo
che invoca partecipazione diretta e altre belle cose, un Berlusconi
dato per morto, sommerso dai processi e dalle bugie ormai non più
credibili, un vecchio presidente della repubblica a mio parere
sopravvalutato
(http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/31/saggi-di-napolitano-a-sigillo-di-pessimo-settennato/547897/
)
pronto a lasciare posto a qualcun altro, un Mario Monti flop alle
elezioni; tutte cose che sembravano bellissime e che invece, come nei
brutti incubi, mutano aspetto all'ultimo momento e si trasformano in
mostri.
Il
risultato più avvilente è il sorriso che Berlusconi ha sfoggiato
con orgoglio a ri-elezione di Napolitano avvenuta. Un sorriso simile
a quello di un re che, pronto ad essere ghigliottinato in piazza,
riesce quasi senza muovere un dito a ribaltare la situazione e a
tenere, per l'ennesima ed insopportabile volta, tutti per le palle.
E
noi??? «La contestazione rituale si inscrive così nell'ambito delle
strategie che permettono al potere di rafforzarsi periodicamente» ,
dice l'antropologo, ed io concordo con lui. Però noi possiamo
dimostrare che ormai abbiamo imparato il trucco, che non abbiamo
alcuna intenzione di credere che non poteva e non può andare
diversamente e che continueremo a chiamare un'unica cosa, inevitabile
e sempre più necessaria: il cambiamento. Non contro l'uno o contro
l'altro, ma contro ciò che sta alla radice, contro quel che concede
al potere la forza sorda di alimentare se stesso sempre e comunque,
perché questi partiti sono il risultato di una logica molto più
profonda e non cambieranno mai se non sarà questa a farlo per prima.